Repubblica 18.12.15
Spike Lee: “Gli Usa oggi? Una satira di Aristofane”
Per il nuovo film, prodotto da Amazon, il regista americano porta “Lisistrata” nella Chicago dei nostri giorni, divisa dall’odio razziale, più violenta dell’Iraq
intervista di Silvia Bizio
LOS ANGELES SEMPRE attuale Spike Lee con il suo cinema. Poche ore dopo il licenziamento del capo della polizia di Chicago in seguito alle proteste che hanno sconvolto la città per la pubblicazione del video dell’omicidio di un 17enne nero da parte di un poliziotto bianco, il regista ha guidato il pubblico presente alla prima del film, Chi- Raq, in una marcia lungo Broadway fino a Times Square, a New York. Insieme a lui, indossando cappelletti arancioni con il titolo del film, per protestare contro il clima di violenza, gli attori John Cusack, Teyonah Parris e Wesley Snipes e l’amico John Turturro. Il film, un misto fra satira, dramma e musical, il primo prodotto dagli studios Amazon, già nelle sale americane e presto in streaming, è un adattamento del dramma greco Lisistrata di Aristofane: in questa versione alcune donne di Chicago si alleano per pretendere dai loro compagni la fine dell’uso delle armi e della guerra tra gang. Come? Con uno sciopero del sesso.
Perché Chicago?
«Perché oggi è la capitale del mondo degli omicidi. Ho condiviso sui miei social network i ritratti realizzati del mio amico artista Adrian Franks sugli afroamericani uccisi a New York dalla polizia e da Chicago mi arrivavano sempre commenti del tipo: “E noi? Lo sai quello che succede a Chicago?”. E allora ho iniziato a pensare a questo adattamento di Lisistrata a Chicago».
Da dove viene il titolo del suo film, “Chi-Raq”?
«Non l’ho inventato io. I rapper di Chicago hanno coniato il termine, Chicago/Iraq, Chi-Raq. Perché oltre alla violenza razziale da parte delle forze dell’ordine c’è anche una guerra civile in corso, neri contro neri. Una volta almeno c’era un senso dell’onore fra i capi gang. Ora quei capi sono tutti in prigione e le gang sono fuori controllo. Di fatto l’Iraq è più sicuro della zona sud di Chicago oggi.
Chi- Raq poteva essere un documentario sulla violenza in corso così come un dramma o una semi-commedia come ho fatto io».
Satira?
«La satira usa il senso dell’umorismo per sottolineare la problematica che stai descrivendo.
Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick è la più grande satira cinematografica. In Chi- Raq Lisistrata è la ragazza del gangster numero uno di Chicago, che minaccia uno sciopero del sesso fino a che i loro uomini non deporranno le armi. Una storia quanto mai attuale, perché stiamo ancora soffrendo le stesse cose della Guerra del Peloponneso, nel 400 avanti Cristo! Stiamo solo combattendo una guerra più vicino a casa nostra. Nel primo giorno della preproduzione sono dovuto andare al funerale del fratello di uno della nostra troupe, ucciso da una gang rivale. La mia speranza è che la gente esca da questo film pensando alle armi nel nostro paese. Le armi sono un soggetto importante del film».
Come collega Aristofane al suo lavoro?
«È la narrativa che ci collega.
Aristofane faceva prima di Cristo quello che noi facciamo adesso. Voglio dire, la sua maniera di raccontare e analizzare la realtà è esperienza umana come lo è per noi. Raccontare storie, sia con parole, disegni o geroglifici, è una maniera per farci capire oltre il linguaggio. Tragedia, commedia o satira, sono solo diversi mezzi a disposizione dell’autore».
Lei ha aderito al movimento Black Lives Matter, però accusa anche le comunità nere di eccessiva violenza. Si spiega?
«Non sarei coerente né onesto se parlassi solo della violenza della polizia sui civili, soprattutto neri, senza citare quella che facciamo noi a noi stessi. C’è troppa violenza nelle comunità afroamericane delle grandi città americane. Troppa cattiveria, ignoranza, troppi padri assenti, bambini cresciuti da nonne, scarso senso civile. A me non importa di quale colore sia il dito che preme il grilletto. Dobbiamo denunciare entrambe le parti. Altrimenti sarebbe solo fanatismo settario».
Ma l’accusa di violenza e razzismo verso la polizia è risoluta.
«Certo. Sono entrambi problemi. Noi neri dobbiamo farci un’esame di coscienza e le forze dell’ordine e i politici pure. Prendiamo il caso del giovane Laquan McDonald, colpito 16 volte quando era già a terra, morto. Non era sufficiente sparargli a un ginocchio e paralizzarlo? No, è un tiro al bersaglio. Ma quello che mi fa imbestialire è come hanno cercato di insabbiare la cosa. La mia satira ha come bersaglio la violenza, l’ignoranza che la produce e i mercanti d’armi e di morte. La storia d’amore degli americani con le armi fa paura».