Repubblica 17.12.15
Banche, Renzi blinda la Boschi Bersani: “Moralisti a fasi alterne”
Domani la sfiducia sul ministro. Il premier: “Non prendiamo lezioni da nessuno” L’ex segretario: “Voteremo no ma basta arroganza, bisogna chiarire”. FI si asterrà
di Tommaso Ciriaco e Giuseppe Alberto Falci
ROMA. La mozione di sfiducia a Maria Elena Boschi è pronta. Messa nero su bianco dal Movimento cinque stelle, approderà già domattina nell’Aula di Montecitorio. Uno scenario che ufficialmente non turba Matteo Renzi, pronto anzi a rilanciare la carta dell’indagine parlamentare sul caos bancario: «La commissione d’inchiesta - scandisce il premier - chiarirà le responsabilità degli ultimi dieci anni. Noi abbiamo deciso meno poltrone e meno cda, non guardiamo in faccia nessuno e non accettiamo lezioni di trasparenza». Rassicurazioni che non convincono però fino in fondo la minoranza, al punto da spingere Pierluigi Bersani ad aprire una crepa nel fronte unitario della maggioranza: «Consiglio a Renzi e Boschi di non ricorrere a toni muscolari. In giro c’è turbamento, bisogna rispondere con trasparenza, senza arroganza ».
L’affondo dell’ex segretario arriva a poche ore di distanza da quella di Enrico Letta. Bersani premette al Corriere Tv che non sosterrà la sfiducia al ministro: «Non ci sono ragioni di conflitto d’interesse». Poi avverte: «Consiglierei alla Boschi un tono più umile». Ma è il parallelo con scandali passati a fare il resto: «C’è una fase alterna di moralismi. Quella di Lupi era una fattispecie paragonabile a questa. Il figlio ha preso un rolex, figli, padri... E ancora Josefa Idem, Cancellieri, De Girolamo: uno può dire che erano accusati personalmente, però in quei casi si è stati un po’ sbrigativi». Esempi scomodi, che allarmano il quartier generale del premier. E colpiscono anche i parlamentari della minoranza più dialoganti, come Dario Ginefra: «Sarebbe un errore utilizzare questa storia come un cavallo di Troia...».
A guidare la controffensiva renziana sono i pezzi da novanta dell’esecutivo. Il premier, innanzitutto: «Noi non c’eravamo, mentre ci sono partiti che si sono fatte le banche. Chi ha truffato pagherà, ma bisognerebbe fare un monumento a chi ha pensato al decreto». E anche il ministro dell’Economia: «Non si comprende - scandisce Pier Carlo Padoan in cosa sarebbe sussistente il conflitto d’interesse».
Eppure qualcosa è in movimento. Il cordone sanitario delle prime ore appare meno solido. E per paradosso anche i dettagli complicano il clima interno al Pd. Come il banale sms, inviato due sere fa dai capigruppo dem di Camera e Senato ai parlamentari dem. «Questa sera a Porta a Porta - scrivono Luigi Zanda ed Ettore Rosato - la posizione del segretario su banche, stabilità e situazione internazionale». L’opposizione interna non gradisce, sibila la dalemianissima Velina Rossa. Pierluigi Bersani neanche. E il suo braccio destro Davide Zoggia spiega perché: «Da tempo chiediamo a Matteo di confrontarci. Naturalmente voteremo contro la sfiducia, colpire il ministro è come colpire il Pd. Ma una reazione così granitica, come quella di Renzi e della Boschi, significa due cose: o sei certo che non c’è nulla, oppure non vuoi fornire risposte. Ecco, basterebbe un po’ di arroganza in meno».
Ma c’è dell’altro. Nella minoranza c’è chi sottovoce evoca scenari burrascosi dell’inchiesta su Banca Etruria. Da qui, sussurrano, i primi smarcamenti. La risposta dei renziani sta tutta nell’accelerazione impressa al voto sulla mozione grillina contro la Boschi, dalla quale si sfila però Silvio Berlusconi: «Non voteremo la sfiducia, ci asteniamo». L’obiettivo di Palazzo Chigi resta quello di chiudere al più presto il primo tempo della partita. Il secondo è previsto dopo la pausa natalizia, quando è in calendario a Montecitorio una nuova mozione di sfiducia di FI, Lega e Fratelli d’Italia. Stavolta contro il governo.