Repubblica 15.12.17
La strategia del contropiede
di Stefano Folli
COME sempre quando è in difficoltà, Renzi dimostra il suo miglior talento: la capacità di spiazzare gli avversari con una mossa abile e non priva di implicazioni politiche ancora da esplorare. Nel turbinio del pasticcio familistico- bancario, la controffensiva del premier non era sufficiente.
OCCORREVA una novità immediata in grado di riempire la scena parlamentare e mediatica. In una parola, serviva un successo. E l’inverosimile pantano della Consulta, con le oltre trenta votazioni a vuoto per eleggere tre giudici, era l’occasione propizia e non rinviabile.
Coinvolgendo i Cinque Stelle e rinegoziando la terna dei candidati (ma non Augusto Barbera, verso il quale i “grillini” hanno fatto cadere il loro veto), il presidente del Consiglio si è attribuito di fatto il ruolo di regista dell’operazione. E ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, che il lungo rosario dei voti nulli era dovuto anche, forse soprattutto, all’assenza di una mente politica capace di mettere ordine fra le esigenze e i problemi del quadro parlamentare.
Successo, quindi. Tardivo ma netto. Si spezza, in un certo senso, il fronte delle opposizioni che tendeva a compattarsi nel gioco delle mozioni di sfiducia intorno alla vicenda Banca Etruria. Certo, sulla carta il terreno istituzionale non c’entra con la polemica politica. Eppure il nesso esiste, per quanto sottile. Un Parlamento incapace di eleggere i magistrati della Consulta anche a Natale avrebbe fatto risaltare in modo impietoso l’affanno del governo sulle altre questioni. Un doppio danno di immagine da evitare. Così Renzi ha offerto una chance a Grillo e questi l’ha colta al volo: la forza anti-sistema per eccellenza accetta di condividere una responsabilità istituzionale con l’ingresso alla Corte del prof. Modugno, figura da tutti rispettata. Nella strategia renziana i Cinque Stelle sono un avversario da tenere a bada, non un nemico da esorcizzare. Quest’ultima è una parte che il premier attribuisce al leghista Salvini, a maggior ragione dopo gli insulti ricevuti nei giorni scorsi. Salvini, il trascinatore di Forza Italia sulla linea di un estremismo “lepenista” che in apparenza Berlusconi asseconda, ma le cui conseguenze cominciano a farsi sentire nel ridotto di Forza Italia. Non è un caso che l’operazione Consulta veda uno sconfitto evidente: il capogruppo alla Camera, Brunetta. È lui l’artefice, talvolta molto brillante, della linea più intransigente contro Palazzo Chigi, una linea che si è mescolata ormai a quella della Lega.
Ma ieri Brunetta e Forza Italia sono stati tagliati fuori dall’accordo. Renzi ha esasperato di proposito lo scontro verbale in aula e poi ha fatto dire che l’intesa con M5S era una conseguenza dell’irritazione procuratagli dal capogruppo forzista. La verità è un po’ diversa: la svolta aveva bisogno di un pretesto. O se si vuole Renzi ha colto l’occasione per mandare un messaggio a Berlusconi, l’antico partner del Nazareno. Messaggio semplice: la linea filo-Salvini è utile solo al leghista e contraddice tutta la storia di Forza Italia. Sarà un caso, ma proprio ieri pomeriggio da Palazzo Grazioli è arrivata la notizia che il partito berlusconiano non voterà la sfiducia personale alla ministra Boschi, mozione grillina peraltro destinata alla sconfitta.
Si direbbe che nel centrodestra si stia muovendo qualcosa. La linea dello scontro frontale non sta dando frutti. E se qualche risultato c’è, se lo annette l’ingombrante alleato Salvini. Non sarebbe strano se dopo lo smacco della Consulta Berlusconi facesse qualche riflessione.
Quanto ai Cinque Stelle, qualcuno pensa che il compromesso parlamentare sporchi la purezza populista e anti-casta del movimento. Ma probabilmente è vero il contrario. Un certo grado di maturità istituzionale aiuta le ambizioni “grilline” di porsi come credibile alternativa politica al Pd quando si andrà al voto. Del resto, i sondaggi indicano che il consenso c’è ed è vasto, a 3-5 punti dal partito renziano. La partita è appena agli inizi, ma si capisce che nel sistema tripolare oggi gli antagonisti principali sono Pd e M5S.