sabato 12 dicembre 2015

Repubblica 12.12.15
Alla Leopolda è finito il tempo dell’innocenza
L’ottimismo di 5 anni fa è scemato: la ripresa è lenta e il paese fragile
Serve un bagno di realtà, non di propaganda
di Stefano Folli


Il ritorno alla Leopolda cinque anni dopo può essere un’opportunità interessante di riflessione su cosa è o è stato il “renzismo”, con i suoi successi e i suoi affanni, le sue luci e le sue ombre. Tuttavia può anche trasformarsi in un’occasione sprecata se si ridurrà a un carosello trionfalistico, a un’esibizione di retorica elettorale.
Il presidente del Consiglio è troppo accorto per cadere nella trappola. Di certo utilizzerà il palcoscenico per affermare i progressi del cambiamento, ma eviterà i toni sopra le righe, pensando al molto che resta ancora da fare. Non è un caso che egli stesso abbia annullato la visita alla città universitaria di Novoli nel timore di contestazioni. Non solo: il disastro di Banca Etruria e la tragedia del pensionato suicida hanno smosso un gruppo di dimostranti che saranno tenuti a distanza di sicurezza dalle forze dell’ordine.
Lo scandalo bancario evoca scenari drammatici, purtroppo possibili nel cammino di una legislatura. Stavolta tali eventi sono anche lo sfondo simbolico di questa Leopolda: il segno forse che l’era dell’innocenza è finita anche per Renzi. Cinque anni fa c’era un giovane sindaco brillante, ottimista e spregiudicato che incarnava una prospettiva nuova della politica, al di là dei vecchi riti. Sulle ali della speranza abbiamo visto la rapida ascesa del personaggio, fino a Palazzo Chigi. Oggi il quadro è del tutto cambiato.
Alcune riforme importanti sono state fatte, a cominciare dal mercato del lavoro, ma l’Italia non è diventata la “locomotiva d’Europa”, come a un certo punto era stato ventilato con eccesso di baldanza. La ripresa è ancora troppo debole e il paese resta fragile. La vicenda delle banche - al di là dei suoi complessi aspetti tecnici - è la fotografia di una realtà meno rosea di quel che si pretende. Essa getta una luce ambigua sul governo, ne mette in risalto la scarsa o nulla incidenza sul teatro europeo, dove l’Italia continua a contare meno di quanto dovrebbe. È facile annunciare che l’Unione ha “cambiato verso”, molto più difficile è dimostrarlo quando sono in gioco gli interessi finanziari dei grandi paesi, a cominciare dalla Germania (vedi la lucida analisi ieri di Massimo Riva).
Ne deriva che la Leopolda può essere utile se si rivela un bagno nel realismo. Ossia se vale non come la brutta copia dell’edizione di cinque anni fa, quando c’era da vincere una battaglia dentro il Pd e accendere un po’ di entusiasmo nell’opinione pubblica, ma come una novità capace di descrivere l’Italia di oggi qual è veramente. Per cui un certo grado di ottimismo va bene, troppo sarebbe un errore.
L’Italia sarà realmente ripartita quando anche i ceti più disagiati avvertiranno un minimo di benessere crescente nella loro vita quotidiana. E sono gli stessi ceti che hanno pagato più di altri la stagnazione economica. Anche in questo caso il dramma della banca di Arezzo è una metafora impietosa delle contraddizioni aperte.
Senza dubbio Renzi si rende conto del rischio di alimentare i movimenti anti-sistema, resi più aggressivi dal successo, sia pure parziale, di Marine Le Pen in Francia. Un eccesso di trionfalismo da parte del governo rischia di trasformarsi in altrettanto carburante per il treno dei Cinque Stelle, in primo luogo, e anche di Salvini.
Viceversa, una disamina schietta della realtà, un colloquio franco con il paese, soprattutto quello che vive di angosce e inquietudini irrisolte, potrebbe essere un inusuale argomento vincente, anche sul piano elettorale. Dove peraltro Renzi non è privo di carte da giocare. A Milano, Sala risulta in testa in tutti i sondaggi ed è facile prevedere il suo successo quando prenderà la parola dal palco leopoldino. Ma anche la candidatura del commissario all’Expo merita di essere presentata con una certa sensibilità: come un fattore di ricucitura a sinistra, più che come la spada che taglia tutti gli schieramenti. In fondo la Leopolda deve confermarsi un luogo creativo sul piano politico, anziché la medesima “kermesse” di qualche anno fa, solo più stanca.