sabato 12 dicembre 2015

Corriere 12.12.15
Renzi lancia la Leopolda Sinistra contro il «nuovo» Pd
Minoranza critica con Nardella e lo scenario del Partito della nazione
A Firenze «debutta» Sala, ovazione per Giachetti. E Boschi è assente
di Monica Guerzoni


FIRENZE Sono quasi le dieci della sera quando il premier in camicia bianca sale sul palco tra mappamondi, vecchi bauli e video «scandalosamente di propaganda» e risveglia l’immensa navata della ex stazione ottocentesca, piena di «leopoldini» che hanno cenato a lasagne e prosciutto: «È un po’ come tornare a casa, se non ci fosse stata la Leopolda non sarei a Palazzo Chigi... Non siamo una rimpatriata di reduci, ma persone che hanno voglia di cambiare l’Italia».
E se l’astronauta Cristoforetti, le tenniste Pennetta e Vinci o la nuotatrice Pellegrini non ci sono, non è perché hanno dato forfait, polemizza con i giornali Renzi: «Il solito giochino, prima si ipotizza un nome a piacere e poi si dice che non viene». E ancora, al partito: «Chi viene per parlare di correnti o posti di potere può restare a casa». A casa sono rimasti i parlamentari della minoranza, a cominciare da Bersani: «Dove vado io ci sono le bandiere del Pd».
Il duello tra Leopolda fiorentina e anti-Leopolda romana deve ancora iniziare, ma nel Pd è già rissa. L’ha innescata sul Corriere il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il progetto che tanto somiglia al Partito della nazione ha scatenato la sinistra, che dichiara guerra a un «disegno inaccettabile». La (fragile) tregua è già in pezzi, a Firenze il nervosismo prevale sull’eccitazione per la sesta kermesse del renzismo. Nel pomeriggio il tam tam dice che la madrina Boschi starebbe meditando il forfait dopo le accuse di conflitto di interessi per il ruolo del padre in Banca Etruria. La scaletta cambia vorticosamente, ma un’ora dopo è la stessa ministra su Twitter a tranquillizzare gli amici: «Finiamo la Stabilità e vi raggiungiamo». Alla lettera con cui Saviano ha chiesto le sue dimissioni, però, Boschi non risponde e alle 22.30 ancora non si vede. Tocca a Guerini, Fiano e Delrio respingere l’attacco di Saviano, parlando di «richiesta incredibile» e di «sciacallaggio».
L’epicentro della tensione è Roma. Stamattina Bersani, Cuperlo e Speranza dal palco del Teatro Vittoria grideranno il loro «vade retro» a un partito omnibus. «Lo schema della contrapposizione destra-sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo» ha voltato pagina Nardella.
La reazione della minoranza è da crisi di nervi. «È sbagliato e pericoloso dire che non esistono più destra e sinistra» attacca Nico Stumpo e Miguel Gotor gronda sarcasmo: «Ma che, siamo in Ecce Bombo di Moretti?». Per la sinistra il piano di Renzi va contrastato con forza. E se Nardella spiega che l’idea del Partito della nazione non riguarda le elezioni nelle città, Gotor avverte: «Non si può rispolverare il centrosinistra alle Amministrative, per poi rimetterlo in soffitta». Federico Fornaro insinua il dubbio che la Leopolda 2016 sarà «il congresso fondativo del Partito della nazione» e Speranza bolla il «Pdn» come «prospettiva inaccettabile».
Nelle stesse ore a Firenze i ministri di Renzi (Padoan, Delrio, Gentiloni, Madia, Poletti, Giannini) saranno intervistati dai «viaggiatori della Leopolda» in un inedito «question time». Bilancio delle riforme e progetti per il futuro è il filo rosso di una manifestazione dove le bandiere del Pd sono bandite, sostituite da vecchie copie di libri appesi ai soffitti. Sul palco, con Renzi nel ruolo di bravi presentatori di talk show, il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto e la vicepresidente del consiglio emiliano, Ottavia Soncini: «Un caloroso applauso all’ex giovane fiorentino… Matteo Renzi!», recita il testo della regista Simona Ercolani.
E c’è anche Giuseppe Sala, che la minoranza vede come l’incarnazione di un Pd che guarda al centro. Il commissario di Expo strizza l’occhio alla sinistra, ma rimanda il debutto: «Non è il mio battesimo politico…». Applausi, senza spellarsi le mani. Mentre per Giachetti che Renzi vorrebbe candidato a Roma scatta la standing ovation. E oggi, assicura il premier, «ci divertiamo».