mercoledì 2 dicembre 2015

La Stampa TuttoScienze 2.12.15
L’enigma della mummia
“Nel Dna i geni resistenti agli antibiotici di oggi”
I test su una ragazza Inca di oltre mille anni fa
di Eugenia Tognotti


Potrebbe avere enormi applicazioni pratiche per la medicina la scoperta di una serie di geni collegati all’antibiotico-resistenza nel colon di una mummia precolombiana dell’XI secolo.
Portare alla luce che quelle mutazioni genetiche si sono verificate in seguito a un processo naturale, secoli prima dell’introduzione dei moderni chemioterapici, dimostra che la resistenza ad una gamma di antibiotici di uso corrente (fosfomicina, cloramfenicolo, aminoglicosidi, macrolidi, quinoloni, tetraciclina, vancomicina e così via) non è dovuta solo all’azione e al cattivo uso delle moderne terapie antibiotiche. È questo uno dei clamorosi risultati della ricerca pubblicata sulla rivista «PlosOne».
Ma, per quanto importante, questo risultato non è certo l’unico. Di grande rilevanza sono anche le acquisizioni sull’evoluzione di alcuni patogeni. Il protozoo-parassita Trypanosoma cruzi - agente della malattia di Chagas che colpisce ancora oggi 6-7 milioni di persone in America Latina - è apparso più arcaico rispetto a quello circolante oggi : la somiglianza nel Dna si attesta sul 90% rispetto ad alcuni ceppi attuali. Di più. I ceppi dell’Hpv, lo Human papilloma virus, osservati nello studio, sono risultati, invece molto simili - un buon 98-99% - a quelli moderni. Un dato estremamente importante, da cui si può dedurre che, mentre il Trypanosoma cruzi si è dovuto adattare a condizioni nuove dell’ospite umano, il papilloma virus era già così ben adattato - e dalla più remota antichità - da non avere bisogno di sviluppare ulteriori mutazioni.
L’importante studio molecolare dell’équipe internazionale di studiosi americani e italiani - tra cui il paleopatologo Gino Fornaciari dell’Università di Pisa e del Centro per gli Studi Storici, Antropologici e Paleopatologici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari - ha portato ad una serie di nuove acquisizioni. Che di certo non avrebbero mai potuto immaginare, nella seconda metà del XIX secolo, i medici e i naturalisti italiani che, spinti da un interesse storico-antropologico, portarono in Italia e donarono al Museo di Antropologia ed Etnologia dell’Università di Firenze (fondato, nel 1869, da Paolo Mantegazza) diverse mummie ritrovate a Cuzco, l’antica capitale dell’impero Inca.
Condotta con la tecnica della metagenomica, l’indagine ha portato alla ricostruzione completa del microbioma - vale a dire la flora batterica intestinale - e al ritrovamento e al sequenziamento di una serie di antichi agenti patogeni, come, appunto, il protozoo-parassita Trypanosoma cruzi e alcuni ceppi del virus del papilloma umano, come l’Hpv-21 e l’Hpv-49.
Proprio la malattia di Chagas uccise quasi sicuramente la giovane donna, di età tra i 18 e i 23 anni, la cui mummia è stata sottoposta a un’accurata autopsia, rivelando l’ingrandimento del cuore, dell’esofago e del colon. Il ritrovamento di abbondante Dna di Trypanosoma cruzi nel colon ha confermato la diagnosi morfologica fatta già nel 1992 da Fornaciari. Per sapere con quali farmaci o sostanze psicoattive si curò la donna, che soffriva di una rilevante cardiomegalia, occorrerà, tuttavia, aspettare i risultati dei test tossicologici su una treccia di capelli neri, staccata dal corpo. Gli studiosi pensano che abbia fatto ricorso a foglie di coca: neppure gli antibiotici moderni, stando ai geni ritrovati, avrebbero potuto fare qualcosa per lei.
Ulteriori analisi hanno poi rivelato la presenza di un altro batterio, il Clostridium difficile, che vive nell’intestino umano e che, proliferando in modo incontrollato, rilascia tossine capaci di attaccare la mucosa intestinale. Per effettuare l’autopsia Fornaciari e i colleghi hanno dovuto togliere le mummie, disposte in posizione fetale, dai cesti che le contenevano: provvisti di maniglie, con cui erano sospese alle tombe di famiglia, questi cesti servivano per il trasporto dei corpi nel giorno della celebrazione dei defunti.