mercoledì 30 dicembre 2015

La Stampa 30.12.15
Part-time agevolato, gelo dei sindacati
“Misura spot, non risolve i problemi”
Cgil, Cisl e Uil a Poletti: basta con le proposte estemporanee. Sacconi: non funzionerà. E l’Istat certifica: il tasso di occupazione aumenta soprattutto tra chi ha più di 55 anni
di G. B.


C’è una bomba da disinnescare, e la conferma è arrivata ieri dall’annuario pubblicato dall’Istat: nel corso del 2014, conferma l’istituto di statistica, il lavoro è cresciuto soprattutto tra gli over 55, e i dati sul 2015 stanno confermando la tendenza. Il tasso di occupazione dei 55-64enni è salito al 46,2%, mentre i giovani continuano a soffrire. I sindacati, però, restano gelidi di fronte alle parole del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che in un’intervista a La Stampa ha rilanciato il part-time agevolato promettendo di «rafforzare» le risorse. Si tratta di un provvedimento previsto dalla Legge di Stabilità, finanziato con 60 milioni nel 2016, 120 nel 2017 e 60 nel 2018, che consente a chi è vicino al ritiro dal lavoro di dimezzare l’orario, percepire il 65% dello stipendio e andare in pensione con il 100% dell’assegno perché lo Stato garantirà i contributi figurativi. «Il part-time può funzionare, anche se resta da vedere quante persone lo utilizzeranno, ma non lo si spacci per una soluzione perché non risolve minimamente il problema delle pensioni», dice Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil. «Per affrontare la questione della flessibilità - spiega - serve un tavolo di confronto con il governo. Subito».
Una posizione vicina a quella di Rocco Palombella, leader della Uilm: «Non è il momento di misure spot - attacca -. La materia è troppo delicata. Ridurre lo stipendio a lavoratori di 60 anni è negativo. Spesso si lanciano proposte che, alla fine, non portano a nulla». Occorre dunque un intervento più ampio. Anche secondo la numero uno della Cisl, Annamaria Furlan: «Serve un tavolo e noi non ci sottrarremo, portando le nostre proposte per offrire flessibilità in uscita, rivalutare le pensioni ed offrire una prospettiva di lavoro ai giovani».
Dubbi pure da parte di Maurizio Sacconi (Ncd), presidente della Commissione lavoro del Senato ed ex ministro: «Esistono già altri due meccanismi, previsti dalla Legge Fornero e dal Jobs Act, che non hanno funzionato. E credo che neanche questo avrà effetti». Secondo Sacconi «bisogna consentire una sorta di prepensionamento, in parte a carico dello Stato e in parte a carico del datore di lavoro. Io avevo proposto un emendamento che prevedeva l’uscita in anticipo di tre anni: in questo caso l’importo della pensione verrebbe garantito al lavoratore dalla Naspi e, per la parte residua, dal datore di lavoro. Che continuerebbe a pagare i contributi al lavoratore fino alla pensione».
Mentre Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, si rivolge direttamente al presidente del Consiglio Matteo Renzi, con un pacchetto ben definito: «Le proposte dei parlamentari del Pd della Commissione Lavoro della Camera sulla flessibilità delle pensioni sono chiare, non pasticciate e depositate già dalla scorsa legislatura. Siamo in grado di dimostrare a Renzi che sono a costo zero e che anticipando la pensione di 4 anni si possono, con il turnover, aprire le porte delle aziende ai giovani. Chiederemo un confronto per esprimere le nostre opinioni».