La Stampa 28.12.15
Cina
La lotta al terrorismo diventa la scusa
per controllare Internet e le aziende
di I. M. Sal.
Nel giorno in cui apre a maggiori libertà personali per quanto riguarda il numero di figli per ogni famiglia, la Cina, con la scusa del terrorismo, vara anche la più repressiva legge sull’utilizzo di Internet e il controllo delle aziende che intendono operare sul suo territorio.
Controllo totale
Con questa legge la concezione cinese della sorveglianza verrà in parte estesa anche al resto del mondo: le aziende internazionali dovranno infatti obbedire alle richieste del governo cinese e rivelare le chiavi cifrate (encryption) per le comunicazioni sicure, o dotare di «back doors» i dispositivi elettronici da loro prodotti venduti sul mercato cinese. La Apple, per esempio, ha assicurato di non voler introdurre «back doors» - ma ciò significa che dovrà consegnare le informazioni che Pechino potrebbe chiederle. Il presidente Obama ha detto di aver comunicato al presidente Xi Jinping la sua inquietudine per i nuovi poteri che la legge conferisce al governo cinese rispetto alle aziende internazionali. Le Camere di commercio e le associazioni industriali hanno espresso il timore che la quantità crescente di nuove leggi che controllano il loro operato in Cina sia una nuova forma di protezionismo.
Repressione interna
La legge autorizza, inoltre, per la prima volta l’Esercito a partecipare ad azioni anti-terrorismo all’estero - e in particolare cerca di convincere il mondo intero che la Cina deve essere riconosciuta come un obiettivo del terrorismo internazionale e in particolare delle «forze del Turkestan Orientale». Con questo la Cina vuole dunque mettere i problemi nello Xinjiang (la regione centro-asiatica sotto sovranità cinese, abitata da 10 milioni di uiguri, popolazione turcofona di religione islamica) sullo stesso livello di quelli che il resto del mondo affronta con il terrorismo a sfondo islamico. La determinazione cinese è tale che la settimana scorsa la giornalista francese Ursula Gauthier, del Nouvel Obs, è stata espulsa dalla Cina per un articolo in cui affermava che i problemi dello Xinjiang sono causati dalla repressione e occupazione cinese, e non da terrorismo. La stampa sarà ulteriormente controllata, dal momento che viene proibito a tutti i media di fornire dettagli degli attacchi che le forze di sicurezza definiranno come «terroristici», o mostrare immagini «crudeli ed inumane».
Secondo Nicholas Bequelin, direttore di Amnesty International a Hong Kong, «la nuova legge rappresenta un grave pericolo per i diritti umani, perché definisce il terrorismo in modo elastico e politicizzato».