La Stampa 22.12.15
La Sinistra italiana e il sogno (impossibile) di un Podemos
Il risultato di Podemos suscita entusiasmi nella Sinistra italiana, ma i due casi sono abissalmente lontani
Il Movimento non c’è. E il campo è parzialmente occupato dal M5S
di Jacopo Iacoboni
Se si eccettuano le retoriche, il primo elemento che salta agli occhi osservando il successo di Podemos dal punto di vista della sinistra italiana è semplice: che Podemos, piaccia o no, ha molto poco a che fare con l’attuale sinistra italiana (parentesi, Podemos angoscia i renziani molto più della minoranza Pd, al punto di spingerli alla surreale reazione della Boschi: con l’Italicum il problema Podemos non si porrebbe).
«La verità è che tra Podemos e Sinistra italiana ci sono molte differenze; forse la prima che viene in mente è che alla fine Podemos non ha fatto l’accordo a priori con Izquierda, cioè con la parte più classica e tradizionale della sinistra spagnola», riflette Marco Berlinguer, il terzo figlio di Enrico Berlinguer, che vive a Barcellona - fa il ricercatore all’Università Autonoma - assieme alla sua compagna. Entrambi studiano e frequentano, lei è attivamente coinvolta, il mondo della municipalità e delle nuove pratiche che ha vinto la città di Barcellona, conoscono Ada Colau, e sanno di Podemos da dentro.
Se invece si prendono in esame le considerazioni e gli entusiasmi magari anche genuini di tanti politici di sinistra, sembra che poi la vittoria di Podemos sia una «lezione della spagna per il Pd» (secondo il governatore toscano Enrico Rossi), o la conferma che «l’Europa della precarizzazione del lavoro e della svalutazione dei salari non regge più», o una «critica dell’austerity», e via così, andando sempre per le generalissime e muovendosi come farebbe Izquierda, non Podemos; ideologicamente, non pragmaticamente.
Invece il secondo punto da fissare è proprio questo: il pragmatismo, spesso sottovalutato, di Podemos. Racconta Giorgio Airaudo (che in tempi non sospetti - prima del voto - era a Barcellona a incontrare la Colau) che quelli di «Barcelona en comù» mutano alleanze caso per caso, con applicazione anche spregiudicata delle maggioranze variabili. La Colau ha undici consiglieri su 40 nel consiglio di Barcellona, dunque per governare ha bisogno di arrivare a 21, e ci arriva di volta in volta, non solo con Izquierda, ma anche con una miriade di movimenti e micro movimenti catalani; scenario assolutamente non riproponibile ovunque, ma questo per dire di un’elasticità manovriera che in Italia, semmai, pare appannaggio del renzismo, non della Sinistra da ricostruire.
Il terzo punto, sostanziale, è che Podemos «nasce da un movimento sociale, generazionale, che affonda le radici nel fenomeno degli indignati. Lì c’è un movimento. In Italia, semplicemente, questo movimento non c’è», constata non senza amarezza Airaudo, che pure vorrebbe provare a costruire qualcosa di analogo partendo da Torino. Forse, si potrebbe aggiungere, l’ultima cosa assimilabile a un movimento, nella sinistra italiana, è stata l’esperienza milanese della primavera arancione di Pisapia: che però non ha prodotto una rete nazionale e un’esperienza generativa a sinistra, e probabilmente, almeno in parte - nel 2013 ha finito per avere zone di tangenza col successo elettorale del Movimento cinque stelle. M5S che però è diversissimo, rispetto a Podemos (i due soggetti hanno anche reciprocamente preso le distanze), almeno perché ha due forti elementi di verticismo: l’azienda che comanda (la Casaleggio) e il leader che ne determina il successo iniziale (Grillo).
Sostiene Enrico Rossi che l’insegnamento di Podemos (anche al Pd) è che bisogna stare «alla larga dalle grandi intese e dal partito della nazione, e invece guardare di più a sinistra, ai ceti deboli della società». Ma cosa vuol dire «guardare più a sinistra?». Podemos non partirebbe mai da cotesta genericità, intanto perché ha una notevole componente anche interclassista, pur declinandola a sinistra, e poi perché nasce in maniera concreta, dalle pratiche, non da un proclama. È il quarto elemento: la pratica principale originaria è stata il movimento di lotta per la difesa della casa dalle banche. Podemos nasce dai movimenti che proteggono gli affittuari (ma anche i proprietari di case) non più in grado di pagare affitti o mutui bancari. In questo senso è una prassi, quasi ignota oggi alla sinistra italiana, che è, e resta, un’operazione per lo più politicista, o una fuoruscita dal Pd. Con eccezioni, per esempio la Fiom. Maurizio Landini ha scritto la prefazione italiana al libro di Iglesias, e è ormai convinto che «bisogna andare oltre molti schemi tradizionali, cosa che Podemos fa. Iglesias si dice socialdemocratico, il problema è che ormai in Europa appare estremista anche essere socialdemocratici». In più, per Landini, «in Italia c’è il problema che una fetta di campo è ormai occupata dal M5S, che prima non c’era; e dobbiamo trovare il modo di farci i conti».