martedì 1 dicembre 2015

La Stampa 1.12.15
Fmi: “Lo yuan è nel club delle monete mondiali”
L’inflazione frena a novembre. Draghi pronto a tagliare i tassi, l’euro è ai minimi
di Francesco Semprini


Lo yuan entra nel club delle valute che contano ribilanciando il paniere di riferimento del Fondo monetario internazionale verso l’economia cinese, e aprendo la strada a un progressivo allargamento della leadership ai Paesi emergenti. L’adesione al club è giunta con il via libera del Board del Fmi, che dopo il no del 2010 vira sulla rotta auspicata della riforma della governance e delle quote partecipative dei Paesi membri. Lo yuan entra così (dal 1 gennaio 2016) di diritto nel paniere che determina il valore degli «Special Drawing Rights» (Sdr), valuta di riferimento del Fmi, con un peso specifico del 10,92%, maggiore dell’8,33% dello yen e dell’8,09% della sterlina.
Superiori sono solo l’euro con un peso del 30,93%, e il dollaro per il 41,73 per cento. Un ingresso col quale l’Istituzione di Bretton Woods lancia un segnale agli Stati Uniti, primo azionista e unico Paese con diritto di veto, con la riforma bloccata in Congresso da un’opposizione a forte componente repubblicana. Da parte sua infatti l’amministrazione di Barack Obama plaude alla decisione del Fmi. «E’ una pietra miliare, un’indicazione delle riforme attuate e di quelle che continueranno a essere attuate», afferma il direttore generale, Christine Lagarde. Per Pechino si tratta di un’importante vittoria, ma anche di nuove sfide in termini di riforme e di comunicazione delle sue mosse, dopo la volatilità innescata ad agosto per le decisioni a sorpresa sul fronte dei cambi.
Intanto in Europa i mercati danno per acquisito un nuovo pacchetto di stimoli monetari targati Bce, mentre i governi sono di nuovo alle prese con il rischio-deflazione. L’Italia ha registrato un aumento dei prezzi frenato ad appena lo 0,1% da 0,3% di ottobre, facendo tornare i timori di spinte al ribasso. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha spiegato che l’elevato debito pubblico «comincerà ad ascendere dal 2016», ma «sarebbe utile che l’inflazione fosse un po’ più elevata. Contiamo sulla Bce». Il ministro ha fatto poi sapere che a partire dal 2023 il portafoglio derivati sarà dimezzato.
Intanto Mario Draghi e i governatori di Francoforte non possono rischiare di deludere: i mercati danno al 100% un nuovo taglio dei depositi di liquidità fatti dalle banche, una misura con Draghi aveva accennato come una delle opzioni. La maggioranza degli economisti prevede una discesa a -0,3% dall’attuale -0,2%, ma alcuni si spingono fino a -0,4%. Servirebbe a scoraggiare chi «parcheggia» troppa liquidità anziché prestarla, e a indebolire l’euro sostenendo l’export, (operazione riuscita finora, visto che la divisa unica è piombata sotto 1,06 dollari). L’altra leva su cui agire è il quantitative easing, l’immissione di denaro con l’acquisto di titoli pubblici. Le attese prevalgono nella direzione di un superamento della scadenza del settembre 2016 e su un ritmo di acquisti oltre i 60 miliardi al mese attuali. Intanto la direttiva Ue sulla risoluzione delle crisi bancarie (Srm) - secondo pilastro dell’unione bancaria - entrerà in vigore il primo gennaio. Lo hanno reso noto le istituzioni europee - Commissione e Consiglio - dopo che il numero di ratifiche del relativo accordo intergovernativo ha raggiunto la soglia minima necessaria. Tutto ciò mentre dall’altra parte dell’Atlantico si corre in direzione opposta, verso il primo rialzo dei tassi in quasi dieci anni da parte della Fed.