domenica 13 dicembre 2015

Il Sole Domenica 13.12.15
Ferruccio Parri, De Gasperi e il male sottile dell’Italia
di Roberto Napoletano


Gentile Direttore, il 24 novembre del 1945, settant’anni fa, è caduto il governo presieduto da Ferruccio Parri. I giornali non ricordano quell’evento, e del resto anche lei, quando su «Il Sole 24 Ore» scrive del nostro Paese, ricorda De Gasperi, Di Vittorio e tanti altri uomini politici, ma dimentica una figura che mi rende orgoglioso di essere italiano. Mi permetto di inviarle un ricordo di Ferruccio Parri e di suggerirle di rileggersi l’intervista che questo concesse a Corrado Stajano nel luglio del 1972 (in Maestri e Infedeli. Ritratti del Novecento, Garzanti, 2008, pagg. 63-68)
«La memoria è un bene prezioso quanto fragile e deperibile. Per questo dimenticare le proprie origini, perdere la memoria storica equivale a un suicidio sociale e politico. Significa mettere a rischio la capacità di sviluppo di se stessi e degli altri. Quando la società è ridotta, come oggi, a consumo di merci, gli uomini sottomessi a questa logica che cancella la natura e la volontà, come ciechi brancolano nel vuoto dei valori e campano alla giornata. La memoria, allora, preda del silenzio, assume l’aspetto di una pagina bianca che l’oblio contribuisce a riempire con inchiostro intinto nell’ipocrisia e nella menzogna. In Italia si coltiva poco la memoria, non a caso ogni tanto fioccano appelli che esortano a non dimenticare e a ricordare momenti significativi riguardanti la storia culturale, politica e sociale del nostro Paese. Settant’anni fa, il 24 novembre del 1945 cadeva il Governo Parri. In molti manuali di storia diffusi nella scuola, la breve esperienza del Governo Parri (21 giugno- 24 novembre 1945), invece di rappresentare un evento significativo, dopo il quale l’Italia si ripiega su se stessa a leccarsi le proprie ferite, mentre la corruzione, il parassitismo e gli intrighi si diffondono e impediscono al Bel Paese di migliorare il suo costume etico-civile, viene liquidata con brevi parole ellittiche e convenzionali che spiegano ben poco».
Dal ricordo di Lorenzo Catania
Non è vero che dopo la caduta del Governo Parri arrivano corruzione e parassitismo, ma piuttosto il centrismo degasperiano, orgoglio, riscatto, il gusto profondo della fatica che condussero l’Italia fuori dalle secche della crisi e posero le basi del miracolo economico. Ma è vero che un uomo come Ferruccio Parri appartiene alla storia più nobile di questo Paese: combattente nella Grande Guerra, leader della Resistenza armata, la breve esperienza del governo di unità d’azione e la testimonianza cocciuta dei suoi valori nella Costituente, la forza e il sogno laico della politica buona di ricostruire l’Italia dalle macerie della guerra incidendo in profondità sulla vita civile e sull’economia, senza compromessi e guardando lontano. Dalla lotta armata con il reclutamento dei compagni, vicecomandante (”Maurizio”) del Corpo Volontari della Libertà, organizza la fuga all’estero di Filippo Turati e finisce in prigione, alla bandiera di quel “vento del Nord” che spinge l’Italia a rialzare la testa e a uscire dalla morsa terribile del fascismo e della guerra, fino all’amicizia con Leo Valiani, l’anima profonda del Partito d’Azione, e l’alleanza con Ugo La Malfa, il tratto distintivo dell’esperienza politica di quest’uomo di Pinerolo, tutto di un pezzo, appartiene ai Grandi del dopoguerra e molte delle sue intuizioni, rimaste inascoltate, si sono rivelate profetiche alla prova dei fatti.
A qualcuno appare bizzarra l’ossessione della priorità alla lotta senza quartiere alla mafia negli anni della Ricostruzione quando il primo obiettivo per tutti era quello di ridare un tetto e un lavoro agli italiani, ma con il senno del poi facendo i conti su quanto incide ancora oggi la criminalità organizzata nella vita civile e nell’economia del Paese e su come persista un germe malavitoso-corruttivo diffuso in territori sempre più estesi, ci si rende conto che continuiamo a pagare proprio l’assenza di quello sguardo lungo. A un Parri ormai più che ottantenne, molti anni dopo la stagione della Ricostruzione, Corrado Stajano chiede qual è stata la delusione più profonda, e lui risponde così: «Mah, il popolo italiano, ecco. È la cosa che mi pesa di più. Man mano che mi sono fatto una conoscenza più profonda del popolo italiano, ho toccato i suoi aspetti di scarsa educazione civile e politica. Mi riferisco alla parte prevalente del Paese, non a tutto il Paese. Questo rafforzarsi costante del mio pessimismo, questa constatazione progressiva della non rispondenza della maggior parte del popolo è una delusione forte per uno che ha sempre ritenuto e ritiene di dover fare qualcosa per la vita pubblica». Non è mai cambiato Ferruccio Parri e, fino all’ultimo, ha detto la sua invitando a non fermarsi mai alla superficie, a guardare in profondità, e lo fa con il suo pessimismo che riflette anche una delusione personale e lo spinge a calcare tinte e toni. Credo che De Gasperi - a differenza di Parri lui di soddisfazioni ne ha avute tante e con il suo realismo di governo ha posto le fondamenta per fare dell’Italia contadina una potenza economica mondiale - storcerebbe il naso su «quella parte prevalente» del Paese, ma non potrebbe che annuire su quegli aspetti di «scarsa educazione civile e politica» che persistono e scavano in profondità. Sono il male sottile dell’Italia di sempre che lo stesso De Gasperi provò quando finì in carcere durante il fascismo e neppure dalla Chiesa arrivò mai una parola di conforto.