giovedì 31 dicembre 2015

Il Sole 31.12.15
Unioni civili verso la conta in Aula
Il ddl in Aula a fine gennaio - Resta il no di Ncd alla stepchild adoption, mediazione dei cattolici dem
Renzi: nel 2016 correremo ancora di più
Adozioni, maggioranza senza intesa
di Barbara Fiammeri


Roma Prima di partire per Courmayeur (questa volta in auto) per il Capodanno in famiglia, Matteo Renzi non rinuncia all’ennesima ventata di ottimismo. «Nel 2015 abbiamo fatto molto e ancora di più faremo nel 2016», assicura il premier via Facebook, per nulla intimorito dalla crescita dei partiti della protesta. «Lo so, sembrano numerosi quelli che protestano, che urlano che va tutto male, quelli che noi chiamiamo gufi perché pur di andare contro il Governo sperano che l’Italia fallisca. Ma io sono certo che gli italiani sanno benissimo che l’unico modo per rilanciare questo bellissimo Paese è mettersi in gioco, rischiare, provarci».
Il premier è già proiettato sul 2016, che si aprirà però con una crepa nella maggioranza. A provocarla il ddl sulle unioni civili che a fine gennaio sarà in aula al Senato e che molto probabilmente verrà approvato solo grazie all’«alleanza» anomala con il M5s e nonostante il «no» di Ncd, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano, e di una ventina di senatori cattolici dello stesso Pd, che fino all’ultimo hanno sperato in un compromesso per rimuovere dal ddl il famigerato articolo 5 che prevede la stepchild adoption per le coppie omosessuali. A dare il via libera definitivo è stato lo stesso Renzi martedì alla conferenza stampa di fine anno. Il premier, pur premettendo che la decisione spetta esclusivamente al Parlamento e che quindi il Governo non metterà la fiducia, ha detto chiaro e tondo che nonostante la diverse «sensibilità» all’interno della maggioranza, «le unioni civili dobbiamo portarle a casa», stepchild adoption compresa.
La battaglia a questo punto si sposta in Aula. L’attenzione in particolare si concentrerà sia sulla disciplina delle convivenze di fatto che soprattutto sugli emendamenti all’articolo 5 sull’adozione. Tra questi ce ne sarà certamente uno dei 20 senatori dissidenti (alcuni dei quali renziani come Rosa Maria Di Giorgi) che già aveva tentato una mediazione trasformando la stepchild adoption in affido rafforzato. La nuova ipotesi di compromesso, che sarà contenuta nell’emendamento, non prevede invece più l’affido ma punta a circoscrivere le possibilità di adozione, ad esempio consentendola solo nel caso in cui il minore sia nato da una precedente relazione di uno dei due “coniugi”. «Saranno settimane cruciali per raggiungere una mediazione necessaria, ciascuno deve rinunciare a qualcosa per garantire ogni diritto ai minori», sottolinea la senatrice Di Giorgi, che ritiene «altissimo il rischio che questa legge sia solo un pasticcio». La maggioranza del Pd è però orientata a procedere speditamente. «L’importante è avere il riconoscimento della civil partnership», spiega il renziano Andrea Marcucci, ribadendo che a decidere sarà il Parlamento «come è avvenuto per il divorzio, lasciando fuori anatemi e guerre di religione».
Del resto le divisioni non sono solo nella maggioranza. Anche dentro Fi sono emerse su questo tema posizioni differenti. E non è da escludere che nel segreto dell’urna aumentino, anche se al Senato la linea dura portata avanti da Maurizio Gasparri è decisamente maggioritaria.
Il vero problema per Renzi però è il «no» di Ncd, ribadito anche ieri da Maurizio Sacconi che preannuncia un referendum contro il ddl sulle unioni civili «nella malaugurata ipotesi venga approvato». Al di là del merito, il rischio per i centristi è che il via libera alle unioni civili possa favorire nuove fughe dal partito. «Al Senato Renzi si regge sui vostri voti, usateli! È l’unica minaccia credibile», attacca su twitter l’ex senatore centrista Gaetano Quagliariello, che dopo l’addio a Ncd ha fondato il movimento «Idea». E sui numeri della maggioranza attacca anche Fi: «Se il ddl passerà con i voti dei 5 stelle Renzi avrà cambiato ancora una volta maggioranza e questo non potrà non avere conseguenze istituzionali», dice la responsabile comunicazione Deborah Bergamini.
Ma per Renzi l’unica partita che potrà avere «conseguenze» è invece quella sulla riforma costituzionale. Dopo il via libera della Camera alla riapertura del Parlamento, tra tre mesi la riforma viaggerà nuovamente tra Senato e Camera per il sì definitivo del Parlamento. E per l’approvazione questa volta sarà indispensabile la maggioranza assoluta che a Palazzo Madama non è affatto scontata.