Il Sole 30.12.15
Vigilanza. Il primo verbale di Bankitalia su Etruria
Già nel 2009 c’era un miliardo di crediti malati
di Fabio Pavesi
Come un lungo, estenuante gioco a rimpiattino che durava da almeno 5 anni. Così si può descrivere il tormentato rapporto tra i vertici di Banca Etruria e la Vigilanza di Bankitalia. Buon ultime le rivelazioni, contenute nei verbali ispettivi, su quei plurimi rapporti dell’audit interno della banca che rilevavano, ancora a inizio del 2014, le continue carenze e sottovalutazioni dei crediti malati. Di fatto il bubbone sottaciuto o meglio minimizzato per lungo tempo da quel Cda presieduto dal 2009 da Giuseppe Fornasari.
Quel tentativo di occultare le reali condizioni dei prestiti in sofferenza era pratica diffusa e antica.
Come ha potuto appurare Il Sole24Ore, che ha visionato il verbale di Via Nazionale, già nel 2010 in una delle primissime ispezioni della Vigilanza il nodo della sottovalutazione enorme delle partite creditizie in difficoltà era emerso con forza. Il rapporto nei numeri è impietoso. Per gli ispettori di Banca d’Italia «i crediti in default si approssimano al 14% dell’erogato». Un numero elevatissimo per l’epoca, dato che l'esplosione delle sofferenze per le banche italiane non era ancora diventata drammatica. Lo era già per l’Etruria invece.
E ancora, scrivono gli ispettori, «dalla disamina degli impieghi a fine 2009 emergono sofferenze per 408,2 milioni, incagli per 421,6 milioni, partite ristrutturate per 57,4 milioni e crediti scaduti (e non rimborsati ndr) per 132,9 milioni con previsioni di perdite per 318,3 milioni».
Il totale dei crediti cosiddetti deteriorati per Banca d’Italia era quindi già nel lontano 2009 poco sopra il miliardo. Ecco quel 14% di crediti a rischio di non rientro citati nel rapporto, dato che Etruria aveva un portafoglio totale di impieghi a 7 miliardi. Un livello di guardia elevato già all'inizio della grande crisi. Quel che impressiona è la disparità di valutazioni.
Per i vertici di Etruria invece i prestiti malati erano cinque volte più bassi, solo 235 milioni con una previsione di perdite a 57,7 milioni contro gli oltre 300 milioni ravvisati dagli ispettori della Vigilanza.
Da qui in poi partirà quel dolente gioco a rimpiattino tra i vertici della banca di Arezzo, che continueranno come si è visto a sottostimare, fino alla capitolazione del febbraio 2015, l'enorme mole di sofferenze e incagli che si accumulava e la Vigilanza che continuerà (inascoltata) a bacchettare Cda e sindaci dell’istituto.
Sarà solo nel 2012 che la banca comincerà per davvero a pulire il portafoglio e poi saranno gli eventi a rendere inarrestabile il degrado costringendo Fornasari e il Cda a svalutare crediti malati per un miliardo tra il 2012 e l’ultimo bilancio di settembre 2014. Troppo tardi. Quel verbale del lontano 2010 svela già molte delle anomalie che si ritroveranno lungo tutta la crisi della banca. Da una selezione del credito poco attenta, con prestiti affidati a soggetti che subito dopo entreranno in crisi. All’attenzione, scrivono sempre gli ispettori, data più alle ipoteche che alla capacità di rimborso dell’affidato. C’era di fatto un clima generale di dare credito a larghe mani con scarsa selezione del debitore. Profetiche lette oggi alcune osservazioni: «La scadente qualità del portafoglio crediti con influenze negative in prospettiva di salvaguardia dell’esigua eccedenza patrimoniale». Era la primavera del 2010 quando vennero messe nero su bianco queste parole. Si è visto come è finita.