giovedì 17 dicembre 2015

Il Sole 17.12.15
«Evasione fiscale a livelli patologici»
Squinzi: il peggior concorrente è chi non paga le tasse
Serve una ripresa più consistente
di Nicoletta Picchio


ROMA Combattere l’evasione fiscale per crescere. Giorgio Squinzi ha ascoltato l’analisi del Centro studi con le tendenze del pil e la quantificazione dell’evasione fiscale, 122,2 miliardi. «La dimensione dell’evasione è assolutamente patologica», ha commentato. Una quota che penalizza sviluppo e lavoro. Bisogna combatterla, per avere un obiettivo di crescita «molto più consistente» rispetto a quella «striminzita sotto o poco sopra l’1% che stiamo sperimentando e che abbiamo di fronte nel prossimo biennio secondo le stime del Csc, che non sono certo pessimistiche». Questa prospettiva «non può darci soddisfazione». E il fattore fiscale è fondamentale per voltare pagina.
«Per me, da imprenditore il peggior concorrente è chi non paga le tasse o evita in tutti i modi di pagarle. Confindustria e i suoi associati sono sempre pronti a pagare le tasse per contribuire alla crescita civile e sociale del paese», ha detto Squinzi, sottolineando l’«assoluta determinazione di Confindustria» di operare nella direzione della trasparenza tra Stato e contribuente e contro l’evasione fiscale e contributiva «che consideriamo un grave ostacolo allo sviluppo civile oltre che economico. È un passaggio obbligato che ha il consenso della maggioranza dei cittadini, sulla strada della modernizzazione del paese».
Anche questa è crescita, ha aggiunto, «e abbiamo tutte le capacità per riuscirci». Squinzi arriva a parlare di fisco dopo aver analizzato i dati sull’andamento del pil: «Lo scatto netto, bruciante, quello che lascia sul posto il passato per agganciare una crescita robusta e solida non c’è ancora». Migliora la percezione e l’ottimismo di consumatori e imprese ma il paese continua una fase di «stentata crescita». Per ripresa Squinzi non intende «la lenta risalita» che si sta osservando da inizio 2015, «con un po’ di sollievo ma anche molta ansia, per timore di ricadute». La ripartenza, ha spiegato, deve molto a condizioni esterne: dollaro, petrolio e azione della Bce. «Va anche dato atto al governo - ha continuato - che la sua azione riformista ha aiutato l’Italia a cogliere queste opportunità, a partire dalle misure sul mercato del lavoro: il Jobs act, la decontribuzione, l’eliminazione dell’Irap sul costo del lavoro stabile». In alcuni ambienti sindacali, ha aggiunto, si continua a polemizzare contro questa riforma, ma i numeri testimoniano a favore: nei primi dieci mesi del 2015 le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono cresciute nel privato di quasi il 30%, le trasformazioni di altri tipi di contratti sono salite di oltre il 16%. Il miglioramento del mercato del lavoro può essere colto anche dalla riduzione della Cig, dall’aumento delle persone che hanno un impiego, dalla minore preoccupazione delle famiglie. «Questi progressi non possono essere sminuiti - ha sottolineato Squinzi - ma non si può ignorare il dramma dei senza lavoro, soprattutto giovani. È una vera piaga sociale e civile, di cui dobbiamo preoccuparci con misure per rilanciare la crescita». Crescere, appunto. «Non c’è ripresa senza impresa», ha rimarcato il presidente di Confindustria.
Sarà difficile ritrovarla se continua a «serpeggiare una diffusa cultura anti impresa e anti industria». Gli esempi, ha aggiunto, sono «tanti e preoccupanti». Uno fra tutti, la lotta all’evasione fiscale. I controlli, ha spiegato, non sono realizzati per «scoraggiare e sanzionare i comportamenti scorretti, ma per fare cassa». Si scaricano sui contribuenti adempimenti con oneri a crescere in maniera esponenziale. «Pagare le tasse non diventerà mai una cosa bellissima, ma almeno impegniamoci a consegnare al passato questo assurdo gioco dell’oca in cui il trabocchetto è sempre dietro ogni angolo». La parola d’ordine è «semplificazione». La legge di stabilità va nella direzione giusta. Ma se è stata condivisa la necessità di un maggiore sostegno al Sud, non è stato rafforzato quello alla ricerca. «Siamo in una fase delicata, perché è stata messa molta carne al fuoco». Il rischio che si torni indietro è sempre in agguato, «agguato che si può sventare solo se daremo all’Italia una seria politica per l’industria».