giovedì 10 dicembre 2015

Il Sole 10.12.15
Rallentamento. La Cina sta faticando più del previsto a gestire il passaggio verso una crescita orientata ai consumi
Un modello economico in crisi
di R.Fa.


Pechino Lo yuan in caduta libera è solo una delle mille emergenze che la Cina deve affrontare in questa coda del 2015.

Un anno tutto in salita che si chiude con un crollo dei prezzi alla produzione del 5,9%, mentre l’inflazione è risalita dell’1,5% (ma solo grazie alla ripresa dei consumi alimentari). L’inflazione era diventata uno spauracchio perché unita alla crescita stentata stava portando la Cina direttamente nel tunnel della deflazione.
Per i prezzi alla produzione, comunque, si tratta del 45esimo mese consecutivo in calo, un declino causato dal calo dei prezzi per la fusione di metalli non ferrosi e per la lavorazione del petrolio. Materie prime e loro trasformazione stanno incidendo moltissimo sulla tenuta dell’economia di Pechino.
Parlare di malattia passeggera, a questo punto, non sarebbe corretto. Il punto è che l’economia cinese non riesce a riconvertirsi, a sposare un modello diverso, passando dalle esportazioni ai consumi interni mentre nel frattempo il deficit aumenta a dismisura, tanto è vero che gli esperti di Pechino sostengono che, a fronte di una crescita fiscale bassa, il disavanzo sarà probabilmente superiore a quello previsto.
Peraltro le esportazioni a novembre sono diminuite per il quinto mese consecutivo il che si somma al pessimo dato del rallentamento cronico dei prezzi alla produzione.
Servizi e consumi interni dunque non crescono abbastanza per garantire un bilanciamento del rallentamento di esportazioni e soprattutto delle costruzioni.
La pressione sui ricavi emerge soprattutto sulle vendite di terreni fatta dai Governi locali, crollati del 32,2% nei primi 10 mesi di quest’anno di 2,3 miliardi di yuan. Inoltre, la crescita delle entrate fiscali sta rallentando, scivolando al 9% nei primi 10 mesi dal 9,8% dell’anno precedente. A livello nazionale, l’incremento dei ricavi è rallentato al 7,7 per cento nei primi dieci mesi di quest’anno da 8,2 per cento nello stesso periodo dello scorso anno.
Prima che entrasse in funzione un cambiamento di metodologia statistica, la crescita dei ricavi era scesa al 5,4 per cento.
Le entrate per il funzionamento dei governi locali e regionali sono destinate a crescere nei prossimi due anni, mentre la spesa aumenterà a un tasso oltre il 10 per cento a causa di spese per l’istruzione, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la sicurezza, la tutela dell’ambiente e dei trasporti. E l’anno prossimo per le vendite dei terreni la situazione è ancora più grave. Del resto anche qui l’idea è quella di cambiare la situazione in modo tale da permettere che gli enti locali si finanzino in tutt’altra maniera, in particolare con l’emissione di bond. Emissione che si è verificata in un frangente complicatissimo, in piena crisi finanziaria, rendendo la soluzione inadeguata.
Un ulteriore allentamento monetario potrebbe creare e dar fiato a una bolla del credito ancora più grande in grado di innescare fughe di capitali propiziate ancor di più dalle manovre sui tassi Usa. Questa eventualità è quella tra le peggiori ipotizzabili, perché sarebbe il sintomo di un crollo reale dell’economia. Che si affiancherebbe alla debolezza finanziaria, la moneta si sta indebolendo, le borse stentano a trovare regole di funzionamento trasparenti: è di ieri una novità attesa dai mercati, sembra che il sistema di registrazione delle Ipo stia finalmente per essere adottato, il che renderebbe molto interessante gli sviluppi futuri delle aziende cinesi che intendono sbarcare sui listini cercando fondi sul mercato.
A causa di tutto ciò, la Banca centrale potrebbe avere più possibilità di tagliare il richiesto coefficiente di riserva delle banche, ma non è detto che liberando maggiori risorse il sistema ne tragga un giovamento immediato, anzi. In Cina non è che non circoli denaro, semplicemente c’è il rischio che vada a finanziare i settori meno appropriati.
Di base c’è una fase di stallo in cui l’incapacità di adottare misure di stimolo di politica fiscale e monetaria per fornire soluzioni ai problemi cinesi dovrà essere risolta direttamente nel prossimo piano quinquennale il cui draft dovrà essere approvato dall’Assemblea nazionale. Non è affatto la panacea di tutti i mali, ma se si pensa che la situazione è molto precaria, non resta che aspettare il prossimo mese di marzo, quando queste decisioni dovranno essere finalmente adottate.