il manifesto 13.12.15
Arriva Boschi, e parla d’altro
Tutto il Pd con la ministra. Ma Saviano rincara. Caso Etruria sempre più imbarazzante
di Andrea Colombo
La riunione che aveva assai diplomaticamente impedito a Maria Elena Boschi di presenziare all’inaugurazione della Leopolda, venerdì sera, si è protratta a lungo. La ministra arriva dopo l’imbrunire. Gran schioccar di bacioni sulla porta ma ai giornalisti non concede niente e anche dal palco si trincera dietro la legge di bilancio: «Purtroppo tutti i problemi che ci sono stati in questi giorni hanno ottenuto l’effetto di non farci parlare della legge di stabilità». Poi parla di tutto, tranne che del solo argomento che oggi conti, complici anche le domande del pubblico che lei definisce «generose» mentre sono semplicemente reticenti.
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Il far finta di niente, però, è una linea di difesa debole, che rivela ancor di più quanto grandi siano l’imbarazzo e l’irritazione che regnano ai piani alti del renzismo. Certo, la ministra incassa la solidarietà dell’intero Pd, dal capogruppo alla camera Ettore Rosato che attacca direttamente Roberto Saviano, a Pier Luigi Bersani, secondo cui il ragionamento dell’autore di Gomorra «è giusto» però «sulla Boschi esagera».
Ma fuori dal perimetro comunque protetto del partito, tira tutt’altra aria. Prima di tutto perché Saviano non demorde e ricarica: «Se la Boschi dovesse rifiutare di dare spiegazioni» vorrebbe dire che «la Leopolda è una riunione di vecchi arnesi affamati» e il Pd «un’accolita che difende i malversatori a scapito dei piccoli risparmiatori».
Il decreto salva-banche, fatto con imperdonabile leggerezza, a questo punto non è quasi più il centro della polemica. Il punto dolente è invece il caso della Banca di cui papà Boschi era diventato vicepresidente subito dopo l’ascesa della figlia.
In due giorni è venuto fuori davvero di tutto. Le modalità con cui venivano offerte le obbligazioni subordinate, puntando con palese cinismo sul fatto che i piccoli risparmiatori fossero degli sprovveduti, spacciando per quasi sicure operazioni ad alto rischio. Un ex funzionario della banca, affermando di sentirsi «sulla coscienza» il suicidio di Luigino D’Angelo a cui proprio lui aveva offerto l’investimento trappola, è andato giù durissimo: «Avevamo un ordine. Se fossi stato una persona che rispettava le regole non avrei fatto fare quel tipo di investimento». Poi ci sono gli emolumenti d’oro che i dirigenti della banca si sono concessi mentre la barca andava a fondo: 185 milioni più altri 14 in gettoni negli ultimi anni. E c’è un comma del decreto salva banche che in realtà salva i dirigenti delle stesse, dottor Boschi incluso, mettendoli al riparo da eventuali azioni legali.
Un po’ troppo per cadere dalle nuvole come cerca di fare la ministra, pur dando per assodato che il decreto sarebbe stato fatto comunque e non è dovuto alle parentele della Boschi.
In più, la soluzione trovata dal governo è anche peggiore di quanto i piccoli risparmiatori truffati temessero. Non saranno rimborsati del tutto, e già avevano ricevuto da giorni la pessima notizia, e non saranno rimborsati tutti.
L’emendamento alla legge di Stabilità presentato ieri dal governo istituisce un Fondo di solidarietà di 100 milioni, tutti a carico delle banche. Serviranno per restituire meno di un terzo delle cifre perdute a una parte degli obbligazionisti, quelli che al termine dell’arbitrato verranno ritenuti degni di tanta generosità. L’arbitro però non sarà come previsto la Consob: evidentemente affidare all’istituto che avrebbe dovuto vigilare sull’operato delle banche un passo delicato come l’arbitraggio sulle vittime della distrazione del medesimo istituto è sembrato un po’ troppo persino a Matteo Renzi. Chi se ne occuperà dunque? Probabilmente il governo, che a conti fatti non è molto meglio dell’istituto guidato da Giuseppe Vegas. Il quale governo sceglierà comunque il collegio «tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità». Ci si può immaginare quanto la lieta novella tranquillizzerà i truffati, che oggi manifesteranno a Firenze. «Naturalmente li ascolteremo», assicura il ministro Giuliano Poletti.
In realtà, quella di oggi sarà una prova difficile e importantissima per Renzi. Perché in questa occasione il grande comunicatore ha sbagliato davvero tutto non solo sul piano del decreto ma anche, forse anzi soprattutto, su quello della comunicazione.