lunedì 28 dicembre 2015

Il Fatto 28.12.15
Utero in affitto?
Così si operava nell’antica Roma
di Orazio Licandro


Se un marito romano aveva un numero sufficiente di figli da allevare, poteva essere persuaso da un altro, privo di figli, a cedergli sua moglie, rimanendo padrone di lasciargliela o riprendersela dopo un certo tempo” (Plutarco, Vite di Licurgo e Numa 3.1). Plutarco racconta di una legge di Numa, il secondo re di Roma tramandato come il re pacifico, religioso e legislatore, che regolamentava il desiderio di procreare dinanzi al male dell’infertilità, mettendo a disposizione di un altro uomo la propria moglie. Stesso problema si pose un altro celebre legislatore, lo spartano Licurgo. L’assoluta serenità di approccio degli antichi verso questo male perenne è confermato pure dal celebre caso, raccontato dall’egiziano Appiano, di Marzia, moglie amatissima di Catone, prestata a un uomo avvilito dalla sterilità della propria donna: “Catone aveva sposato Marzia, la figlia di Filippo, quando era ancora molto giovane; era molto attaccato a lei, e da lei aveva avuto dei figli. Tuttavia, la diede a Ortensio, uno dei suoi amici, che desiderava avere figli ma che era sposato a una donna sterile. Dopo che Marzia ebbe dato un figlio anche a lui, Catone la riprese di nuovo in casa, come se l’avesse prestata” (Appiano, Le guerre civili 2.14.99).
Oggi si dibatte, con veemenza, sul tema: donazione del grembo o utero in affitto che sia, l’ultimo documento della Fondazione Umberto Veronesi ne ha dichiarato l’assoluta necessità per la crescita del tasso d’infertilità. Da qui, meraviglia, orrore, scandalo, infiniti contorcimenti religiosi, etici, filosofici. Ma quanto erano già avanti i Romani, e senza tecniche, provette e protocolli!