domenica 20 dicembre 2015

Corriere La Lettura 20.12.15
La macchina perfetta del desiderio inesaudito
di Alessia Rastell
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Uno sciame d’api in fuga da un ceppo infuocato e il motto «Pro bono malum» («il male a vantaggio del bene» o «il male in cambio del bene»). Con questa immagine al colophon, il 22 aprile 1516 a Ferrara, maestro Giovanni Mazzocco di Bondeno portava a termine, sotto la supervisione dell’autore, la stampa dell’ Orlando furioso . È la prima edizione del poema di Ludovico Ariosto, capolavoro del Rinascimento e della letteratura italiana, di cui si celebrerà nel 2016 il quinto centenario.
Quaranta canti che segnano l’avvio di un percorso che porterà — passando attraverso una seconda edizione nel 1521 — a quella definitiva del 1532. Ovvero la versione in 46 canti che, addetti ai lavori a parte, leggiamo tutti ancora oggi. Di mezzo ci sono le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo (1525), che sollecitano una revisione linguistica che depuri il testo dai settentrionalismi, a vantaggio del toscano letterario. Ma il cambiamento è anche nei contenuti. «Il primo Furioso , nato per portare a termine l’incompiuto Orlando innamorato di Boiardo e glorificare gli Este, vive di un rapporto continuo con la corte. Quella estense di Ferrara, appunto, ma anche quella di Mantova, dove c’è Isabella d’Este (che sposò Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova, ndr )», spiega Alberto Casadei, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università di Pisa, in uscita nel 2016 con Ariosto: i metodi e i mondi possibili (Marsilio), autore de Il percorso del «Furioso». Ricerche intorno alle redazioni del 1516 e del 1521 (Il Mulino, 1994). «Già la prima edizione però contiene scelte innovative, come il narratore molto forte e presente, da costituire lui stesso un personaggio», sottolinea Casadei. In attesa che «l’aggiunta di nuovi episodi, quasi privi di ironia, con il comico che vira verso il drammatico, e la volontà di dare una dimensione meno regionalistica, più alta e grandiosa a tutto l’insieme, ci consegnino il Furioso del 1532». Nel complesso, l’opera-simbolo di «un Rinascimento che veicola con uno stile perfetto temi già moderni, con una leggerezza che non nasconde la drammaticità. Si pensi solo alla follia, agli oggetti del desiderio sempre in fuga, alla mobilità continua dei legami», osserva lo studioso.
Per dare voce a questa complessità di idee, intreccio, immagini, il poema verrà ricordato nel 2016 da varie personalità e istituzioni, in forme e linguaggi diversi. Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo ha istituito un comitato nazionale per le celebrazioni. Presidente, Lina Bolzoni, ordinario di Letteratura italiana alla Scuola Normale Superiore di Pisa, alla guida di un gruppo che va da studiosi illustri, tra i quali Corrado Bologna, Franco Cardini, Remo Ceserani, ad artisti come Lorenzo Jovanotti Cherubini. Già prevista, inoltre, dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, la mostra Orlando furioso. 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi , a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura. Una rassegna di opere, da Dosso Dossi a Raffaello, da Michelangelo a Tiziano, oltre a sculture, incisioni, arazzi e manufatti, per far rivivere il mondo del poema anche attraverso l’arte.