Corriere 30.12.15
Usa, tribunali salva poliziotti E i neri reclamano giustizia
Cleveland e Chicago: tutti scagionati. Nuove misure inutili?
di Giuseppe Sarcina
NEW YORK Timothy J. McGinty, procuratore della Contea di Cuyahoga, Cleveland, si è appellato alla giuria con una retorica da anni Cinquanta: «È stata la tempesta perfetta di errori umani, solo sbagli e malintesi». Conclusione: l’agente bianco Timothy Loehmann va scagionato dall’accusa di omicidio per aver ucciso sul colpo un ragazzino afroamericano di 12 anni, Tamir Rice, che stava giocando con una pistola finta in un parco cittadino.
Le immagini girate in quel giorno di novembre del 2104 sono semplicemente agghiaccianti: una pattuglia piomba sul prato e dopo due secondi si sentono le esplosioni dei proiettili. Che cosa poteva fare il Grand Jury se la pubblica accusa chiede l’assoluzione? Decisione facile, annunciata due giorni fa, lunedì 28 dicembre: Timothy Loehmann resta un uomo libero.
Ieri in una Corte criminale di Chicago era attesa una replica della stessa scena. Il poliziotto di pelle bianca Jason Van Dick si è presentato in aula per spiegare per quale motivo, sempre lo scorso anno, avesse sparato 16 volte al diciassettenne afroamericano Laquan McDonald, che stava fuggendo armato con un coltello. Van Dick si è dichiarato innocente, il suo avvocato si è speso per dimostrare che non è un «killer a sangue freddo». Ma questa volta il giudice Vincent Gaughan ha preferito prendere tempo, fissando un’altra udienza per il 29 gennaio. Saggia decisione, a patto che questo mese serva per costruire, finalmente, un processo credibile.
I tribunali americani stanno diventando il terminale di un’ inquietante sequenza che comincia con l’addestramento approssimativo dei poliziotti e passa per leggi iper protettive nei confronti delle divise. Di fatto le legislazioni di tutti gli Stati giustificano la facilità di fuoco e la sostanziale immunità degli agenti, in presenza «di un pericolo imminente». Questo principio è stato sancito da una sentenza della Corte federale nel 1985.
Trent’anni dopo, sono in molti a chiedere correttivi. A cominciare dai movimenti della comunità afroamericana, come «Black lives matter», le vite dei neri contano. Neanche le nuove misure che obbligano a montare una telecamera sull’uniforme e nelle auto di pattuglia sembrano sufficienti. Almeno a giudicare da quello che si vede e si sente nelle poche cause istruite a carico dei poliziotti. Per il momento nessun tutore dell’ordine è stato condannato per gli scontri a fuoco con cittadini disarmati, spesso neri. Qualcuno, al massimo, ha perso il posto, come il comandante della polizia di Chicago .
È una macchia sempre più evidente e sempre più dolorosa per la giustizia americana. Il presidente Barack Obama ha provato a incidere, nominando alla testa del Dipartimento della Giustizia, per la prima volta nella storia, una donna afroamericana, Loretta Lynch. La nuova ministra si è insediata ad aprile. Ha avviato una serie di ispezioni, si sta occupando del dossier Chicago. Ma otto mesi dopo, la svolta non si è vista. Anzi, in quella stessa città, la città di Obama, il 26 dicembre, gli agenti hanno «abbattuto accidentalmente» una donna nera di 55 anni, Bettie Jones, mentre inseguivano un afroamericano di 19 anni, Quintonio LeGrier, ucciso anche lui, perché agitava minaccioso una mazza da baseball.