lunedì 28 dicembre 2015

Corriere 28.12.15
Le alleanze
Voto segreto e piazza cattolica: le incognite per l’asse Pd-M5S sulla via del sì al ddl Cirinnà
di Tommaso Labate


ROMA I tasselli del puzzle sono già sul tavolo. Vanno soltanto incastrati. C’è il proposito annunciato da Matteo Renzi nell’ enews pubblicata sul suo sito, nell’inciso in cui il premier — tra le cose da fare nel 2016 — ricorda che «siamo ancora in pista per i diritti civili» e cita la «civil partnership». C’è un Pd che, come sottolinea la responsabile diritti del partito Micaela Campana, «è compatto sul 99 per cento della legge che stiamo per votare». C’è un esecutivo che, nonostante le distanze col partito di Angelino Alfano, si oppone allo stralcio della stepchild adoption , uno dei punti più contestati del testo. E c’è la posizione del Movimento Cinquestelle, pronto a riconfermare in Senato il voto favorevole al ddl Cirinnà già espresso alla Camera. A puzzle formato, dal 26 gennaio, giorno in cui la legge sulla unioni civili approderà direttamente nell’Aula del Senato senza ripassare dalla commissione Giustizia, a Palazzo Madama andrà nuovamente in scena l’asse tra Pd e M5S uscito vincitore dall’ultima votazione dei giudici della Consulta.
Nonostante l’opposizione degli alfaniani di Area Popolare e del centrodestra (con l’esclusione dell’ala laica di Forza Italia, che spinge per un cambio di rotta rispetto alla linea fissata dagli interventi di Paolo Romani e Maurizio Gasparri e che potrebbe votare sì), la legge sulle unioni civili passerà con una maggioranza che non corrisponde a quella che sostiene il governo. Lo giura la Campana, che segue il dossier per il Pd nazionale, ed è convinta che «potremmo forse prenderci un po’ più di tempo ma la legge vedrà comunque la luce prima delle elezioni amministrative». E lo ammettono anche nella pattuglia di Gaetano Quagliariello, tutti ferventi oppositori del ddl Cirinnà che hanno da poco abbandonato Ncd, tutti più o meno sicuri che «quella legge, anche se non “in carrozza”, in un modo o nell’altro sarà approvata».
Numeri alla mano, il blindato targato Pd-Cinquestelle ha le carte in regola per ripetere il miracolo dell’elezione dei giudici costituzionali. E per trasformale l’aritmeticamente pericolante Aula di Palazzo Madama in un porto sicuro. Ma gli ostacoli non mancano. E, soprattutto, al momento non sono visibili. Il primo è il voto segreto, che verrà chiesto dagli oppositori del ddl Cirinnà sulle parti più contrastate del testo, a cominciare dalle adozioni. «Ma questo», ammette chi sta allestendo il pallottoliere con grande anticipo, «rappresenta un problema minore, visto che molti senatori contrari della maggioranza, nel segreto dell’urna, si muoveranno per garantire la stabilità del governo e non lasciare al M5S il ruolo di “forza determinante”». Il secondo è l’esercito a cui partiti e associazioni cattoliche stanno per dare vita in queste ore.
Già, perché il ddl Cirinnà la vera opposizione potrebbe trovarsela in piazza. I parlamentari meglio sintonizzati con le frequenze di Oltretevere, infatti, parlano a microfoni spenti di «una grande manifestazione nazionale che avrà luogo a Roma a inizio febbraio, nei giorni in cui il Senato voterà per la legge sulle unioni civili».
C’è un punto interrogativo e non è di poco conto. Quanto la Chiesa, e nella fattispecie la Conferenza episcopale italiana, avrà voglia di spendersi contro la corazzata Pd-M5S? «La differenza la capiremo a inizio gennaio», si mormora tra questi parlamentari. «In piazza ci saremo sicuro. Il tema, anche per Renzi, sarà capire se avrà di fronte cinquantamila persone che protestano oppure un Family day di almeno un milione e mezzo di partecipanti».
Il Pd, intanto, marcia molto più compatto di quanto non sembri. Anche perché, con le unioni civili, Renzi può ricomporre un pezzo della frattura con l’ala sinistra del partito, pronta a tornare sulle barricate alla prossima lettura della riforma costituzionale. «Io ho detto che il Pd, appena dopo l’approvazione delle unioni civili, non può che incamminarsi sulla strada del matrimonio gay», spiega Micaela Campana. Una frase che dà l’esatta misura del grande partita che sarà. Dentro e fuori dal Senato. Tra un mese meno due giorni.