martedì 22 dicembre 2015

Corriere 22.12.15
Tornate sulla terra, dipendenti della Camera
di Sergio Rizzo


I dipendenti della Camera sono sul piede di guerra. Annunciano lo stato di agitazione perché i loro adeguamenti salariali sono bloccati dal 2011 e il taglio delle indennità di funzione che si sommano allo stipendio sarà prorogato anche per il 2016. Non li ha convinti la motivazione che si è in attesa di definire il ruolo unico dei dipendenti di Camera e Senato i cui trattamenti economici, oggi diversi, andranno omogeneizzati. E minacciano di far scattare l’accusa di comportamento antisindacale nel caso in cui la misura venisse presa in modo «unilaterale».
Va detto che fatti del genere appartengono alla normale dialettica interna al settore pubblico. Se non fosse che la Camera non è una pubblica amministrazione normale. Basta dire che con 24 anni di servizio alle spalle il barbiere più anziano ha una retribuzione lorda di 143 mila euro annui: compenso paragonabile, e talvolta anche superiore, a quello di un magistrato.
Inoltre il taglio degli stipendi di Montecitorio, dove prima della sforbiciatina la paga media dei dipendenti era il quadruplo di quella dei loro colleghi della britannica House of Commons, ha avuto una sua particolarissima applicazione. Nel senso che i famosi 240 mila euro sono stati interpretati come limite della retribuzione al netto di alcune voci importanti, anziché tetto omnicomprensivo di ogni emolumento come per tutti gli altri lavoratori pubblici. Con il risultato che i funzionari più alti in grado possono superarlo di slancio. Comprendiamo perciò, cari sindacati della Camera, che dentro il Palazzo si continui a vedere una realtà deformata rispetto a quella che c’è fuori. Anche se talvolta basterebbe affacciarsi alla finestra, e guardare i volti di quelli che si presentano con i cartelli davanti a Montecitorio dopo aver perduto il posto di lavoro, per capire che vi si chiede soltanto di tornare sulla terra.