Corriere 17.12.15
L’ex pm Colombo: «Che choc trovare nella lista i vertici dei servizi»
intervista di Giuseppe Guastella
Giudici istruttori a Milano, nell’81 Gherardo Colombo e Giuliano Turone indagavano sull’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli e sul presunto rapimento di Michele Sindona approfondendo i suoi legami con Licio Gelli. Non pensavano di imbattersi nelle liste della P2.
Dottor Colombo, la P2 fu una sorpresa?
«Non è che fosse sconosciuta, tanto che qualche mese prima delle perquisizioni del 17 marzo 1981 lo stesso Gelli ne aveva parlato in un’intervista a Maurizio Costanzo sul Corriere della Sera . I collegamenti tra Sindona e Gelli erano emersi nelle indagini e cercavamo documentazione sugli interessamenti di Gelli per trovare una soluzione al crac di Sindona e su tutte le vicende che riguardavano Sindona. Anche se non avevamo una grandissima fiducia di trovare carte, avevamo organizzato le perquisizioni con attenzione».
In che modo?
«Ad esempio ordinando ai militari della Guardia di Finanza di non dire nulla ai loro superiori, perché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Ed avevamo ragione, visto che poi trovammo il nome dell’allora comandante generale della Gdf nelle liste della P2».
Cosa ricorda di quel giorno?
«Le telefonate degli operanti che dicevano che avevano trovato materiale di eccezionale rilievo e noi che fremevamo per esaminarlo. Mai avremmo immaginato quello che vedemmo il giorno dopo».
Cosa la stupì più di tutto?
«Mi colpì molto il fatto che fossero coinvolti i vertici dei servizi di sicurezza. C’erano persone che avevano depistato indagini sulle stragi, c’erano imprenditori, l’intera catena di comando del Corriere di allora, il vicepresidente del Csm e la domanda di iscrizione del ministro della Giustizia».
Nel libro «Il vizio della memoria» del 1996 scriveva che le inchieste P2 e fondi neri Iri furono «occasioni per ricostruire il sistema della corruzione 10 anni prima». Perse?
«Sicuro. Avremmo scoperto Tangentopoli prima se ci fossero arrivate le carte sul conto Protezione che la Svizzera voleva darci. Le inchieste sui fondi Iri e sulla P2 furono trasferite dalla Cassazione a Roma con grande rapidità, non so se per sfortunate coincidenze o per dolo di qualcuno».
Che idea si fece di Gelli e quale ne ha oggi dopo 34 anni?
«Ho sempre pensato che fosse solo il trait d’union tra il potere reale e coloro che stavano nella P2, uno strumento nelle mani di altri, una specie di funzionario».
Un capitolo che si chiude o uno che resta aperto?
«Le cose che sapeva Gelli le conoscevano anche altri. I segreti che ci sono possono essere ancora scoperti».
Lavoro per i magistrati o per gli storici?
«La strage di Bologna è del 1980. Per i magistrati è abbastanza difficile lavorarci ancora, anche se non impossibile. È materia per storici, ma anche per politici che oggi potrebbero incidere riducendo o eliminando il segreto di Stato» .