mercoledì 16 dicembre 2015

Corriere 16.12.15
Quel verbale ignorato che 6 anni fa indicava la pista dei carabinieri
Un appuntato raccontò di «ematomi evidenti»
di Giovanni Bianconi


ROMA Agli atti della nuova indagine su Stefano Cucchi ci sono tracce da cui s’intuisce che la pista del «violentissimo pestaggio» da parte di alcuni carabinieri che avevano partecipato all’arresto poteva essere imboccata molto prima. Subito dopo i fatti, quando invece la Procura prese la strada delle percosse a opera degli agenti penitenziari, poi assolti due volte con il sigillo arrivato ieri sera in Cassazione. Dove il procuratore generale Nello Rossi, chiedendo la loro definitiva uscita di scena, ha ribadito: «La ricerca delle responsabilità, che non si è fermata, va indirizzata altrove».
Un altrove indicato, seppure come ipotesi, dalle stesse sentenze che hanno scagionato le guardie carcerarie. «È legittimo il dubbio che Cucchi fosse stato già malmenato dai carabinieri», scrissero i giudici di primo grado; e quelli d’appello riaffermarono che l’eventuale responsabilità dei «carabinieri che lo hanno avuto in custodia dopo la perquisizione domiciliare non può essere definita una “astratta congettura”» . Né gli uni né gli altri, però, si preoccuparono di trasmettere il fascicolo ai pubblici ministeri perché tornassero a indagare in quella direzione; inspiegabilmente, poiché avrebbero dovuto farlo, ha insistito ieri il pg Rossi.
Ma ancora prima, sei anni fa, tra le carte accumulate dagli inquirenti ce n’era una che avrebbe potuto accendere un faro sui militari che hanno tenuto in custodia Cucchi la prima notte, prima che venisse portato in tribunale per il processo per direttissima. È il verbale di sommarie informazioni reso proprio da un carabiniere, l’appuntato Pietro Schirone, che la mattina successiva all’arresto andò a prendere Stefano alla stazione dell’Arma del quartiere Tor Sapienza per portarlo al palazzo di giustizia. Fu ascoltato dal pm titolare della prima inchiesta, il 30 ottobre 2009, una settimana dopo la morte di Cucchi. Raccontò che quando lo vide capì subito che stava male, aveva «due ematomi che gli circondavano gli occhi» e lamentava dolori da non riuscire a camminare. Gli chiese se volesse andare in ospedale, ma lui rispose di no. Dopo averlo affidato ai nuovi custodi, Schirone incontrò il carabiniere Francesco Tedesco (uno dei neo-indagati per le lesioni, ndr ), che aveva preso parte all’arresto; i due si conoscevano da tempo. Gli chiese se si erano resi conto delle condizioni fisiche dell’arrestato, e «Tedesco mi rispose che non era stato affatto collaborativo tanto che aveva rifiutato il fotosegnalamento».
Un’indicazione — «non collaborativo» — che può significare tutto e niente, ma che nessuno ritenne di approfondire in maniera adeguata; né durante l’indagine né al processo, dove l’appuntato ha ripetuto le stesse cose. Riconvocato il 23 ottobre scorso dal pm Giovanni Musarò, nell’inchiesta-bis, Schirone ha aggiunto ulteriori particolari: «Chiesi al Tedesco delle condizioni dell’arrestato riferendomi in modo palese al fatto che era fin troppo evidente che fosse stato pestato». Tedesco gli rispose «senza mostrare alcuno stupore per le condizioni del Cucchi», e dalla risposta Schirone capì «che Cucchi aveva fatto in qualche modo resistenza». Anche perché, aggiunge il testimone, la frase sulla mancata collaborazione «per quanto velata, risultava chiara: le percosse che il Cucchi aveva subito erano in qualche modo connesse al fatto che non era stato collaborativo al momento del fotosegnalamento».
Per il pm l’appuntato Schirone è un «soggetto sincero e anche coraggioso», e le sue dichiarazioni sono riscontrate da altri elementi e testimoni. Tra questi il carabiniere Stefano Mollica, che pure accompagnò Cucchi in tribunale, il quale ha riferito al pm: «Al ritorno da piazzale Clodio eravamo in macchina solo io e Schirone e in tale occasione eravamo entrambi molto perplessi per quello che avevamo visto: era evidente che Cucchi era stato pestato prima che lo prendessimo in consegna noi e, per quanto mi riguarda, ho pensato che i responsabili dovevano essere cercati fra i colleghi intervenuti prima di noi, anche se non ero e non sono in grado di accusare nessuno in particolare». Ora l’ha fatto la Procura, anche sulla base di questa dichiarazione.