Corriere 12.12.15
I toni sempre più alti del governo
di Francesco Verderami
Il governo cambia verso e si radicalizza, da Renzi ad Alfano, dal sottosegretario democratico Gozi fino al capogruppo di Ncd Lupi, sui temi cruciali dell’economia e dell’immigrazione tutti si muovono contro l’Europa. Per tutelare l’Italia ma anche per cautelarsi con gli italiani.
Se è vero infatti che l’attacco è un modo per difendersi, è altrettanto vero che — così facendo — la maggioranza finisce per sconfinare nel territorio presidiato dalle opposizioni, da Grillo e da Salvini, da chi cioè ha sempre considerato l’Unione europea un peso non un’opportunità. Ed è a quel varco che cinquestelle e leghisti aspettano Renzi, pronti a vantare la primogenitura della posizione politica e a vantarsi di aver visto prima e giusto. Perché in questa fase drammatica per il Vecchio Continente, le differenze — che pure ci sono e sono assai evidenti — finiscono per scolorire nella campagna elettorale che avvicina alle Amministrative.
Insomma, per l’esecutivo è una mossa pericolosa quanto obbligata dalla contingenza e dagli eventi. Certo, Renzi ha sempre fatto sconfinamenti tattici nel campo delle forze anti-sistema, al populismo ha spesso risposto con un pizzico di populismo: è stata la sua forza, il tratto distintivo che gli ha consentito di arrivare prima alla guida del Pd e poi a palazzo Chigi, seguendo «una domanda di cambiamento che — dice — non era stata colta da Bersani alle elezioni del 2013 e nemmeno da Letta al governo». E la sua carica contestataria verso le istituzioni comunitarie lo ha portato a diventare il leader del primo partito europeo alle Europee.
Ma da una settimana il premier sta adottando un linguaggio che non gli apparteneva. Dopo il voto regionale francese si è prodotto in un commento affatto diplomatico, sostenendo che «o l’Europa cambia o significa che è alleata della Le Pen». Accreditando così, involontariamente, le tesi del Carroccio, alleato italiano del Front National. Sarà perché Renzi, che è forte nel Palazzo, si trova a scontare nel Paese la crisi dell’Unione. Sarà perché — come i dirigenti del Pd gli hanno riferito — durante lo scorso fine settimana ai banchetti del partito «la gente chiedeva solo delle banche, del fatto che i risparmiatori in Germania sono stati difesi mentre da noi hanno perso tutto». E vai a spiegare...
E infatti l’altro ieri, quando si è scatenata la rissa con Bruxelles sul decreto salva-banche, il premier — stanco di spiegare — ha detto in aperta polemica con la Commissione che «a scrivere le regole è l’Europa, non noi». Lui, che sosteneva «l’Europa siamo noi». Nell’atto di difendersi, però, si è avvicinato alle tesi di Salvini, o almeno così Salvini ha fatto intendere, dato che il leader della Lega ha subito proposto a Renzi di «fare insieme una battaglia in Europa»: «Se vuole, potrà contare su di noi. Perché alla gente che perde i risparmi di una vita, non gliene frega niente delle alchimie partitiche».
È chiaro che dietro l’afflato patriottico si cela una trappola politica. Ma questi sono i rischi di una nuova e radicalizzata linea del premier, che a breve punterà su una diplomazia più muscolare a Bruxelles, lì dove «l’Italia deve farsi sentire di più», lì dove — si lamentava sull’Unità di ieri il sottosegretario Gozi — regna «la burocrazia». Il rappresentante del governo ce l’aveva con la procedura d’infrazione che l’Ue starebbe per aprire contro Roma per la mancata applicazione delle norme sulla registrazione degli immigrati.
Così, non solo il governo italiano deve sopportare il fatto che gli altri paesi abbiano praticamente bloccato il piano di redistribuzione dei profughi, ora dovrebbe subire anche l’onta del cartellino giallo dell’Unione. Una cosa che ha fatto salire i trigliceridi ad Alfano: «Questa è una cosa scorretta». Anche perché il ministro dell’Interno aveva appena letto un articolo del Sunday Times dove si racconta — sulla base di informazioni ricevute da «un membro del governo tedesco» — che in Germania si sono «perse le tracce di trecentomila immigrati».
Se anche il titolare del Viminale si radicalizza e dice che «così gli italiani finiranno per non identificarsi più con questa Bruxelles e con questa Europa», se il capogruppo di Ncd Lupi avvisa che «litigheremmo con l’Unione» qualora restasse sorda dinnanzi al disperato caso dei risparmiatori senza più risparmi, significa che questa è la linea nuova del governo. Del rimpasto se ne parlerà a metà gennaio, è tutto pronto. Ora Renzi deve fronteggiare il caso immigrazione e l’affaire banche, primo vero contraccolpo che intacca il suo rapporto con il ceto medio. Perciò ha deciso di sconfinare nelle terre dei grillini e dei leghisti, anche se la mossa può essere un azzardo.
Francesco Verderami