Corriere 11.12.15
Il punto più basso dei rapporti tra il premier e Juncker
di Marco Galluzzo
ROMA Il primo corto circuito è istituzionale e di natura interna: una commissione d’inchiesta sulle banche italiane, e probabilmente anche sul sistema di vigilanza, funzione affidata alla Banca d’Italia, è stata chiesta dalle opposizioni, ma ha aderito anche il Pd. Ovviamente il «nulla osta», come lo definiscono in Parlamento, è arrivato da Palazzo Chigi, ovvero da Matteo Renzi. E questo segnala che anche nel governo, al più alto livello, si nutrono dubbi e perplessità sullo schema di prevenzione di crisi finanziarie come quella che ha colpito le quattro banche.
Immaginare uno scontro fra governo e Bankitalia è forse eccessivo, ma stando a quello che si ascolta al ministero dell’Economia «la colpa non è del governo e vogliamo capire sino in fondo se ci sono delle responsabilità». Insomma una verifica su cosa è andato storto, se davvero una commissione d’inchiesta sarà varata, trascina con sé anche il fantasma di una polemica interna fra due istituzioni primarie dello Stato. Lo stesso Renzi dice che «le responsabilità riguardano tutti tranne che noi, si faccia una bella commissione d’inchiesta, noi siamo gli unici a non avere nulla da temere». Ma il corto circuito che si è prodotto ha anche un’altra natura, tutta estera, e riguarda i rapporti attuali fra il governo e l’Unione europea. Nel gabinetto di Juncker, in quella Commissione che ha replicato alla Banca d’Italia e puntato l’indice contro la gestione della vicenda adottata da Palazzo Chigi, ieri pomeriggio fotografavano così il rapporto attuale con l’Italia: «Siamo ad uno dei punti più bassi, almeno degli ultimi mesi».
Un raffreddamento dei rapporti, per usare un eufemismo, che coinvolge gli ultimi passaggi politici fra il nostro premier e il presidente della Commissione. Non è un mistero che ci sia stata una sorta di cesura, umana e politica, nelle ultime settimane, sugli spazi di flessibilità che l’Italia può adottare: Renzi avrebbe voluto subito un via libera a quelle clausole che potrebbero consentire al nostro deficit di crescere, sia per gli investimenti in sicurezza che per i costi sostenuti per l’emergenza migranti, la Commissione ha risposto in modo negativo, rinviando il suo parere al prossimo anno.
Una distanza che ha trovato ulteriori ragioni di incomprensione proprio nel dossier sulle identificazioni dei profughi e che si è acuita pochi giorni fa, quando l’Italia, unica fra i 28 membri della Ue, ha fatto slittare la proroga delle sanzioni economiche contro Mosca. Una decisione, alla vigilia del Consiglio europeo, che ha lasciato stupefatti i vertici della Ue e che sembra stia avendo ripercussioni anche su altri dossier, sganciati dal caso Ucraina, a cominciare proprio dai toni di ieri sul salvataggio, secondo Bruxelles in qualche modo maldestro, delle quattro banche italiane. Nel rimpallo delle responsabilità, fra Roma e Bruxelles, il cortocircuito produce ulteriori paradossi: ieri il ministro Maria Elena Boschi sembrava difendere le osservazioni prodotte da Bankitali, rispetto alla posizione della Commissione, mentre il governo dava il via libera a una commissione d’inchiesta che potrebbe coinvolgere il sistema di vigilanza.