Repubblica 4.11.15
Come si diventa jihadisti partendo dall’Europa
di Renzo Guoilo
Nel suo nuovo saggio “L’ultima utopia” Renzo Guolo analizza le cause che spingono alcuni giovani verso l’islamismo radicale
Anticipiamo una sintesi dell’introduzione
Migliaia di giovani cittadini europei combattono in Siria e Iraq tra le file di gruppi jihadisti come l’IS (Islamic State) o Jabhat al-Nusra, la locale diramazione di Al Qaeda. Chi sono e cosa li spinge a compiere una simile scelta? Cosa li ha indotti ad aderire all’islam radicale e a prendere le armi, non solo per affermare un progetto politico e religioso ma anche come segno di rottura con la cultura del mondo in cui sono nati o sono stati socializzati? Perché decidono di mettere in discussione e a rischio la loro vita e di infliggere la morte agli altri? Le loro biografie raccontano vite assai diverse: sono immigrati di seconda generazione o autoctoni convertiti; sono figli di famiglie povere ma anche di ceto medio; sono cresciuti nelle degradate periferie delle grandi città o in zone residenziali e borghi rurali. Sono piccoli delinquenti di quartiere ma anche ex militari di professione; persone segnate da precoci fallimenti scolastici o laureati in buone università. Sono uomini e donne. Li uniscono poche caratteristiche: l’età – sono, in prevalenza, giovani o giovanissimi – e l’essere musulmani sunniti.
L’imprescindibile dimensione della sicurezza non può mettere in secondo piano la necessità di conoscenza della società che è tipica delle scienze sociali, in particolare della sociologia. Compito di questa disciplina è, anche, quello di indagare su un fenomeno, come quello dei giovani jihadisti europei, che rinvia alla più vasta conoscenza della società, alle trasformazioni che la investono nella dimensione della politica, della cultura e della religione. E alle linee di conflitto che la attraversano. Pare più opportuno, a tal fine, servirsi del concetto di radicalizzazione che di quello, semanticamente, e talvolta politicamente, poliedrico di terrorismo, pure oggetto di importanti studi. Gli studi sul terrorismo concentrano, infatti, lo sguardo sulla genesi e la natura delle diverse organizzazioni, sulle loro opzioni politiche, militari e sugli effetti di queste a livello globale e locale. Per scandagliare il terreno che produce la scelta di aderire ai gruppi jihadisti, il concetto di radicalizzazione appare più produttivo. Infatti non trascura gli aspetti che fanno da cornice essenziale per inquadrare la logica d’azione di un gruppo o movimento di quel tipo, ma, inoltre, mette meglio a fuoco il ruolo che al loro interno vi svolgono gli individui e le relazioni che intercorrono tra i diversi membridel gruppo medesimo (Khosrokhavar, 2014). Aspetti che la dimensione sociologica, antropologica, psicologica consentono di leggere con maggiore nitidezza rispetto agli studi sul terrorismo improntati a una più marcata dimensione politologica. Inoltre, il concetto di radicalizzazione consente di non trascurare la rilevanza dell’ideologia nei processi di adesione dei giovani europei all’islam radicale. Si può, infatti, parlare di radicalizzazione solo quando un’azione violenta si fonda su una precisa ideologia.
L’analisi muove, dunque, secondo i canoni tipici degli studi sulla radicalizzazione, focalizzando l’attenzione sugli attori della violenza. E, in particolare, sulle motivazioni, oltre che sulle modalità di adesione, che conducono i giovani europei a militare nei gruppi islamisti radicali jihadisti, a combattere nei teatri di guerra siro-iracheni o a praticare il jihad in territorio europeo. La dimensione soggettiva della loro azione, oltre alla relazione con l’organizzazione nella quale militano, è dunque al centro del nostro lavoro.
Metodologicamente torna, così, assai utile rovistare nella vecchia, classica, cassetta degli attrezzi della sociologia. In particolare nel reparto che racchiude le teorie dell’azione e la sociologia comprendente weberiana, ovviamente arricchite da altri, successivi, contributi teorici e dagli apporti di altre discipline.
Nel tentativo di evidenziare i nessi causali che danno origine al fenomeno. Max Weber sosteneva che l’analisi dei nessi causali richiedesse, da parte dello studioso, un atteggiamento neutrale, avalutativo. Uno sguardo capace di portare alla luce anche conclusioni della sua indagine non collimanti con le sue convinzioni. L’analisi delle cause che inducono i giovani europei a imboccare la via del jihad non può certo diventare la giustificazione di quella scelta. Nondimeno, per comprendere l’agire razionale rispetto al valore ( wertrational ) – prodotto da credenze consapevoli nell’incondizionato valore di un determinato comportamento, a prescindere dalle sue conseguenze –, che muove attori animati da una particolare concezione ideologica e religiosa come quella islamista radicale, diventa fondamentale non solo la conoscenza del rapporto tra il soggetto osservato e quel medesimo valore, ma anche ricostruire il quadro nel quale si collocano i processi storici, la trasformazione dei sistemi simbolici, le condizioni ambientali, nelle quali quegli stessi attori si trovano a agire. Oltre che le loro biografie.
IL LIBRO L’ultima utopia di Renzo Guolo (Guerini e Associati pagg. 144 euro 14,50)