mercoledì 25 novembre 2015

La Stampa TuttoScienze 25.11.15
Con Einstein e Regge la Relatività si spinge fino ai segreti del cervello
Lo spazio-tempo di Einstein si incurva e «dice» alla materia come muoversi
di Mario Rasetti


La Relatività generale di Einstein è il più grande capolavoro della fisica del secolo scorso, ma la storia continua e oggi, in modo sempre più prepotente, metodi ispirati a questa teoria giocano un ruolo in ambiti all’apparenza ad essa estranei. Uno è quello dei «Big Data».
Sono davvero «big»: limitandoci alle comunicazioni digitali, nel mondo, ogni giorno, viene prodotto un numero di byte maggiore del numero di Avogadro. È come se stessimo ricoprendo il Pianeta di una «sostanza» intangibile e virtuale che ha più byte di quanti atomi abbia un frammento macroscopico di materia; mistura di preziosa informazione e di caotico rumore che chiama i «data scientist» a un compito difficile. Come minatori, devono estrarre dai dati informazione intelligente e strutturata: come fa, ad esempio, Google.
Come? John A. Wheeler chiamò la Relatività generale «geometrodinamica», perché è la fusione della geometria (dello spazio-tempo) con la dinamica, che tratta di movimenti e forze: «La materia dice allo spazio-tempo come incurvarsi e lo spazio-tempo curvo dice alla materia come muoversi». Nella Relatività generale, infatti, la forza di gravità emerge come effetto della curvatura dello spazio-tempo.
Le strutture utilizzate da Einstein sono chiamate «varietà di Riemann» e il principio di equivalenza della Relatività generale è causa e conseguenza della sua natura geometrica: in uno spazio-tempo curvo, pensato appunto come varietà riemanniana, i corpi gravitanti in caduta libera seguono traiettorie di minima lunghezza, determinate dalla geometria, cosicché localmente il moto è indistinguibile da quello di un corpo accelerato nell’ordinario spazio-tempo «piatto». Le equazioni differenziali che descrivono questa dinamica sono tanto semplici ed eleganti nella forma quanto difficili da risolvere.
Uno dei contributi cruciali allo studio della Relatività generale fu dato da Tullio Regge con un metodo che porta il suo nome e grazie al quale il difficile formalismo dello spazio-tempo curvo viene, per così dire, aggirato. Regge utilizza un insieme di oggetti matematici discreti anziché continui, che sono più facili da caratterizzare formalmente e capaci di trasformare le equazioni di Einstein in un insieme di espressioni algebriche trattabili anche numericamente. Questi oggetti, i «complessi simpliciali» - aggregati di elementi di dimensioni crescenti (i simplessi: segmenti, triangoli, tetraedri…) - sono affascinanti nella loro eleganza e i vincoli che li definiscono sono semplici: che lo spazio interno di ogni simplesso sia piatto e che simplessi di una data dimensione si incollino lungo facce di dimensione inferiore di uno alla loro. I simplessi sono come i pezzi di un Lego a dimensioni variabili e le proprietà combinatorie delle varietà «lineari a tratti» che ne seguono racchiudono la ricchezza di forme possibili dello spazio-tempo di Einstein. E anche la curvatura, come dimostrò Regge, basandosi sul «theorem egregium» di Gauss e ottenendo i cosiddetti «cardini di Regge», i quali esprimono la curvatura come funzione delle lunghezze dei lati dei simplessi stessi.
Tornando ai Big Data - «quinta rivoluzione» dell’Information Technology - questi coinvolgono quasi tutte le questioni centrali della società, sempre più intrecciata con la tecnologia digitale: l’approccio convenzionale, via intelligenza artificiale (con il «data mining» che ricorre alla possibilità che la macchina impari a cercare tra i dati) e scienza della reti complesse, sta mostrando i suoi limiti nel far fronte allo tsunami di dati. Gli scienziati sono convinti che la sfida si possa vincere solo ricorrendo a strumenti matematici nuovi e più sofisticati. E questo sta avvenendo, ancora una volta, con un contributo importante della scienza italiana: alla Fondazione Isi sta nascendo una teoria che mira a permettere di estrarre informazione dai dati in modo diverso e molto efficiente.
Come entrano Einstein e Regge in questo quadro? È semplice - o quasi! I dati possono essere organizzati in modo naturale in strutture geometriche discrete, che si prestano a essere rappresentate come complessi simpliciali. E qui avviene che, così come nella fisica della Relatività generale una distribuzione di masse influenza le proprietà geometriche dello spazio-tempo, negli spazi dei dati l’informazione induce la topologia.
Le differenze dalla Relatività generale sono ovviamente numerose, ma presentano una sfida su un terreno congeniale a matematici e fisici: il complesso simpliciale di uno spazio dei dati non si limita a quattro dimensioni, come quello di Einstein-Regge, ma raggiunge dimensioni maggiori. Per di più non è sempre una «varietà» e le sue proprietà combinatorie sono complesse. Ma questo non fa che rendere la sfida più stimolante. La «teoria topologica dei campi sullo spazio dei dati» vuole estrarre informazioni dai dati in modo diverso e più efficace, globale anziché solo locale, e capace di ottenere maggiori informazioni nascoste nei dati e dai dati.
I primi risultati sono già straordinari: applicata, in forma approssimata, a dati relativi a immagini di cervelli umani ottenute con Risonanza magnetica funzionale, la teoria è riuscita infatti a distinguere soggetti «normali» da altri trattati con psicofarmaci, rivelando che nei dati era nascosta un’informazione che la stessa macchina con cui erano stati acquisiti non era stata addestrata a «vedere»! Il pensiero «geometrico» di Einstein e quello «discreto» di Regge ci hanno quindi permesso di far emergere l’informazione nascosta nei dati con un solo passaggio concettuale: da una forma sintattica a una struttura dinamica.