La Stampa TuttoScienze 18.11.15
“Testeremo lo spaziotempo. Un satellite sta per partire”
La prossima sfida è svelare il mistero delle onde gravitazionali
di Antonio Lo Campo
Si apre una nuova frontiera. «La Relatività verrà studiata nello spazio - spiega Roberto Battiston, fisico, professore all’Università di Trento e presidente dell’Agenzia spaziale italiana -. Un satellite è pronto a partire e un altro verrà lanciato attorno al 2030 per confermare sperimentalmente una delle più grandi teorie mai enunciate».
Il primo lancio è imminente, il 2 dicembre, giusto?
«Sì. Un razzo Vega, dell’Esa e di concezione italiana, lancerà il satellite Lisa-Pathfinder, che metterà a punto le tecnologie per osservare gli effetti della Relatività dallo spazio. La missione sarà propedeutica per una successiva, battezzata e-Lisa, che sarà un osservatorio dedicato proprio alla Relatività».
Quali sono i vantaggi di questo approccio?
«Enormi. Nello spazio si potranno porre tre satelliti a milioni di km di distanza, mentre sulla Terra si possono installare sistemi con “bracci” lunghi solo pochi km e quindi la sensibilità degli strumenti risulta minore».
Che cosa misurerà Lisa-Pathfinder?
«È un satellite che aprirà la strada a un metodo completamente diverso di osservare l’Universo, basato sulle onde gravitazionali. Questo approccio permetterà agli astrofisici di affrontare alcune delle domande fondamentali, come la natura dei buchi neri binari e le loro fusioni, vale a dire gli eventi più energetici dell’Universo stesso».
Che cosa sono le onde gravitazionali?
«Sono increspature nello spazio-tempo prodotte dal movimento di corpi dotati di massa e previste proprio dalla Relatività».
Qual è il ruolo dell’Italia?
«Da protagonista: siamo responsabili della definizione dell’architettura complessiva del carico scientifico. A bordo del satellite ci sarà un sistema composto da due masse di prova e da un interferometro. Al progetto collaborano istituti e ricercatori dell’Infn e di varie università, mentre sulla Terra è in corso l’esperimento Virgo, realizzato a Pisa dallo stesso Infn nell’ambito di un consorzio italo-francese».
Lei è uno degli ideatori del programma Ams per lo studio dell’energia oscura: da questo apparato, il più grande sulla Stazione Spaziale, arriveranno dei contributi per capire meglio Einstein?
«Ams non studia direttamente la Relatività, però è la gravità che permette di scrutare il cosmo, verificando l’esistenza di una massa oscura sei volte più abbondante della componente luminosa della materia. È questa materia oscura a essere indagata da Ams attraverso la misura di precisione della componente di antimateria nei raggi cosmici».
Che cosa avete scoperto?
«Le osservazioni mostrano effetti inattesi, che potrebbero essere collegati all’esistenza di una nuova fisica. Ora stiamo raccogliendo nuovi dati per approfondire questi aspetti di enorme interesse».
Quando si parla di Relatività nello spazio, si pensa al paradosso dei gemelli: ci sarà mai modo di verificarlo?
«Una delle conseguenze, sorprendenti, della Relatività è che all’aumentare della velocità relativa la massa si dilata, il tempo rallenta e lo spazio si contrae. Se da una velocità di decine di migliaia di km l’ora si passasse a centinaia di migliaia di km al secondo, ci accorgeremmo anche noi degli effetti delle deformazioni spazio-temporali: arrivati alla velocità della luce, pur accelerando “a manetta”, il tachimetro non si sposterebbe. La velocità della luce è infatti la massima possibile nell’Universo».
Cosa si noterebbe a bordo?
«Gli astronauti non noterebbero nulla di strano, compresi i loro orologi, che “ticchetterebbero” normalmente. Ma, se un osservatore sulla Terra vedesse gli orologi degli astronauti, gli sembrerebbero fermi. Un secondo su quella navicella potrebbe equivalere a giorni o anni sulla Terra! Naturalmente lo stesso apparirebbe a un osservatore sull’astronave che guardasse la Terra, in quanto l’effetto di dilatazione temporale è collegato alla velocità relativa tra i due sistemi. Ma la simmetria è rotta dall’accelerazione e, di conseguenza, se sono su un’astronave che viene accelerata a velocità molto alte, effettua un viaggio, e poi rallenta, la dilatazione del tempo diventa un effetto cumulativo e irreversibile. Da qui l’apparente paradosso».
Che cosa succede ai gemelli?
«Se uno va nello spazio con quell’ipotetica astronave e l’altro resta a Terra, alla partenza i due avrebbero ovviamente la stessa età. Ma, tornata l’astronave sulla Terra, il gemello spaziale risulterà più giovane, mentre quello terrestre sarebbe invecchiato. E di molto».
Potremo mai viaggiare su un’astronave simile?
«Per un corpo dotato di massa è possibile, in linea di principio, avvicinarsi a questa velocità-limite senza raggiungerla, in quanto eguagliarla richiederebbe un’energia infinita. Può apparire fantascienza, ma è la Relatività ristretta ad affermarlo: in linea di principio, disponendo di una colossale quantità di energia, paragonabile al consumo di un anno sulla Terra, sarebbe possibile accelerare un razzo di 1000 kg di massa fino ad avvicinarsi alla velocità della luce».
E che cosa accadrebbe?
«Gli astronauti attraverserebbero la galassia invecchiando di poco, mentre sulla Terra sarebbero trascorse decine o centinaia di generazioni».
Il satellite Lisa-Pathfinder in orbita terrestre