giovedì 5 novembre 2015

La Stampa 5.11.15
È iniziata la scissione dal Pd
Renzi: fuori non avete spazio
Il premier a Vespa: grande margine per la sinistra, ma solo dentro
D’Attorre però apre l’uscita dei bersaniani: partito ormai appendice del leader
di Ilario Lombardo


Perfettamente sintonizzato con i palazzi, l’ufficio stampa Mondadori consegna alle agenzie i passaggi dell’ultimo libro di Bruno Vespa, in cui Matteo Renzi parla dei malumori della minoranza e delle ragioni di una possibile scissione: «Fuori di qui non vedo spazi» dice Renzi, perché «un grande spazio ideologico e culturale per la sinistra» c’è, ma «all’interno del Pd».
Profezia a cui non crede chi una scissione la sta mettendo già in atto, pezzo dopo pezzo. L’ultimo addio è triplice, ma Alfredo D’Attorre, Carlo Galli e Vincenzo Folino consumano una fine per celebrare un inizio. «Non era più possibile restare in un partito dove non esiste la dialettica interna». Un partito, scrivono in un documento firmato anche da Corradino Mineo, «ridotto a inerte appendice del leader, comitato elettorale e ufficio stampa». I tre deputati raggiungono Stefano Fassina e Monica Gregori che sabato con i ritrovati compagni di Sel terranno a battesimo la nascita dei nuovi gruppi parlamentare alla Camera e al Senato, dove ai sette vendoliani e a Mineo si aggiungono anche gli ex grillini Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino. E’ l’embrione di un partito che sarà. «Ma non chiamatela Cosa Rossa» chiede D’Attorre. Perché un film che si ripete sempre uguale, può annoiare prima che partano i titoli di testa. E la storia recente, dalla Bolognina in poi, quando la Cosa era un film di Nanni Moretti, racconta di tante scissioni e liti e nuove nascite.
Il nome dovrebbe essere semplicemente «La Sinistra-Sel», col riferimento a Sel aggiunto per motivi legali, perché Nichi Vendola metterà a disposizione struttura e corpo, ma non la testa. L’ex governatore della Puglia si ritaglierà il ruolo di padre nobile assieme a Sergio Cofferati. Un passo indietro per non offuscare il sol dell’avvenire affidato a chi ha volti spendibili ma non un leader. C’è ancora tanto da fare. Al Teatro Quirino, sabato, sarà ricucita solo una parte della diaspora che ha saldato vecchie divisioni con le recenti delusioni dell’era-Renzi. Pierluigi Bersani e Gianni Cuperlo restano dove sono, dentro il Pd, ad assaporare il gusto amaro di altri addii. Non ci sarà Pippo Civati che continua a lavorare per Possibile, il movimento che il 21 novembre a Napoli diventerà partito assieme a quei mondi che hanno voltato le spalle al M5S. «Sono sicuro che ci ritroveremo» dice D’Attorre. Per adesso molto li unisce, ma quel poco che li divide resta fondamentale. «Civati ragiona in termini troppo personalistici» accusano da Sel. «Loro vogliono allearsi con il Pd» risponde Luca Pastorino, il civatiano che in Liguria per primo ha formalizzato una rottura che si è tradotta in sconfitta per Renzi. «Sarebbe quello il modello» spiega Nicola Fratoianni di Sel. Uniti a sinistra, contro l’offerta renziana. I conti prematuri e fatti in casa dicono che il nuovo soggetto, coeso, varrebbe il 10%. Si spera. Perché Renzi, sempre nel libro di Vespa, lascia intendere che l’Italicum non è «un totem ideologico» e il premio alla coalizione, invece che alla lista, non è escluso. Ma se dovesse essere ritoccato anche lo sbarramento, magari alzando la soglia all’8%, le cose a sinistra potrebbero complicarsi. Prima, però, ci sono le amministrative, dove si testeranno nuove alleanze e nuove sfide. Stefano Fassina ragiona su una sua probabile candidatura a Roma, «una figura che può parlare anche alla parte sana del Pd» dice D’Attorre senza fare nomi. A Torino è quasi certo che Giorgio Airaudo di Sel sfiderà Piero Fassino. A Cagliari i dem dovrebbero assicurare il sostegno al vendoliano uscente Massimo Zedda. A Milano, Napoli e Bologna, si vedrà.