La Stampa 3.11.15
Attacchi ai media
Il dossier Ue critica Ankara
Che cosa preoccupa di più Bruxelles?
Dopo essersi tappata il naso e aver dato un aiutino alla vittoria elettorale di Recep Tayyp Erdogan, l’Europa pensa alla crisi migratoria e manda i portavoce a dire che «un governo stabile ad Ankara pone la base per una soluzione stabile del dramma dei rifugiati». È l’ottimismo della facciata, dietro il quale si nascondono non pochi dubbi. Lo si percepisce anche dalle poche parole ufficiali e molto caute che arrivano Bruxelles. L’Alto rappresentante per la Politica estera, Federica Mogherini, dichiara che «le elezioni di domenica hanno riaffermato l'impegno forte del popolo turco per il processo democratico» e augura a tutti buon lavoro. È il momento di andare a vedere il gioco. Senza possibilità di dar nulla per scontato. «Non abbiamo altra chance che Erdogan» ha detto più volte il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Pragmatico davvero. In Turchia ci sono due milioni di profughi che il governo può ospitare o lasciar andare. Consapevole di questo, l’Unione ha messo in cantiere un accordo ambizioso che prevede lo scambio di aiuti finanziari e concessioni politiche (i visti) e con una maggiore accoglienza e un più netto controllo alle frontiere anatoliche. Al contempo, Bruxelles ha deciso di congelare il rapporto annuale sullo stato del negoziato per l’allargamento, in genere pubblicato a metà ottobre. Non voleva disturbare il voto per Erdogan con giudizi inevitabilmente pesanti. Il castello della «realpolitik» deve ora misurarsi con due prove. La prima, probabilmente già giovedì, è la diffusione della valutazione annuale su Ankara. La bozza circolata è severa, sostiene fra l’altro la legislazione nel campo della libertà di espressione e di assemblea che «va contro gli standard europei». Inoltre, «la situazione si è deteriorata dal 2014 e l’indipendenza del sistema giudiziario e la separazione dei poteri sono considerevolmente minati». Il testo sarà annacquato? E come reagirà il Sultano? Dalle parti di Juncker si attendono che rispetti i patti, ma non tutti sono dello stesso avviso. C’è chi teme che Erdogan cambi i toni coi Ventotto sui migranti e magari renda ancora più dura l’azione contro i curdi. La «potenza morbida» europea non ha scelta. Il rafforzato leader turco potrebbe approfittarne.
(Marco Zatterin)