venerdì 13 novembre 2015

La Stampa 13.11.15
Montecassino, il prelato minaccia rivelazioni choc
Ostriche e champagne
L’ex abate spendeva 34 mila euro al mese
di Giacomo Galeazzi


L’ex abate di Montecassino minaccia adesso di raccontare la sua verità in un libro-bomba, intanto però il Vaticano lo scarica. Con gli oltre 500mila euro prelevati dai conti della cittadella benedettina, «Sua eccellenza» Pietro Vittorelli si concedeva uno stile di vita tutt’altro che monacale. Scandalo in Curia.

Viaggi e alberghi extralusso (Brasile, Portogallo, Gran Bretagna), cene a base di ostriche e champagne a Roma e Londra con conti da 700 euro a sera, 2mila euro di shopping alla boutique di Ralph Lauren, pernottamenti da 2mila euro al Principe di Savoia di Milano. Spese pazze per 34 mila euro al mese pagati con carta di credito.
Conti correnti svuotati
Soldi dell’otto per mille la cui sottrazione dalle casse dell’abbazia è ricostruita nel decreto di sequestro preventivo del tribunale di Roma.
Le somme sottratte dall’ex abate sarebbero state riciclate in varie tranche, dopo essere transitate su conti correnti gestiti dal fratello Massimo, intermediario finanziario, prima di tornare nella disponibilità dell’ex abate, che aveva accesso illimitato ai conti di Montecassino. Il cardinale Velasio De Paolis, alla guida della Prefettura per gli affari economici, si è occupato in Vaticano dei dossier più scottanti negli anni in cui, secondo l’accusa, la cassa dell’abbazia diventava (a partire dal 2008) il bancomat di «Sua eccellenza» Vittorelli. «Gli istituti religiosi hanno autonomia finanziaria e in base agli statuti possono amministrare i propri beni, purché ciò avvenga nella liceità- spiega il porporato-. È una tradizione millenaria del monachesimo: risale a San Benedetto. E ne sono gelosi».
Lo scandalo scoppiato a Montecassino è «dello stesso genere di quelli che negli ultimi anni hanno coinvolto i Camilliani, Don Verzé, l’Idi e i frati minori». E cioè «istituti con autonomia amministrativa nei quali non ha funzionato il controllo interno». La Santa Sede, infatti, deve autorizzare «operazioni straordinarie come l’alienazione di immobili o terreni», non dunque i numerosi «prelievi effettuati dal superiore sui conti dell’istituto religioso».
Niente controllo interno
Insomma, evidenzia il cardinale, «gli altri monaci, il capitolo, l’economo non hanno vigilato sull’operato dell’abate come era loro dovere fare». Secondo l’ordinamento, infatti, la gestione «non corretta» doveva essere denunciata dai confratelli, quindi «la responsabilità non ricade sulla Santa Sede». Quanto accaduto a Montecassino «nasce anche dal fatto che i religiosi considerano la vigilanza sulle finanze una perdita di tempo e dicono di non averne le competenze tecniche». Un «omesso controllo» confermato dal tribunale che attribuisce la «sottrazione di rilevanti risorse economiche dell’ente» proprio alla «attribuzione di illimitati poteri alla persona dell’abate».
Ciò, osserva De Paolis, costituisce già di per sè una grave violazione delle norme ecclesiastiche. Economo e superiore dell’istituto, infatti, sono «figure distinte» esattamente per impedire quanto i magistrati di Roma definiscono ora «l’elemento psicologico del reato».