giovedì 12 novembre 2015

La Stampa 12.11.15
Il premier e il fantasma di Ignazio Marino
di Marcello Sorgi


Matteo Renzi è partito per Malta lasciando il Pd alle prese con l’ennesimo «caso De Luca», la vicenda, esplosa martedì, dei mercanteggiamenti tra uno stretto collaboratore del governatore della Campania e il marito della magistrata che stava esaminando, alla luce della legge Severino, il problema della legittimità della sua candidatura, dopo la condanna di primo grado per abuso d’ufficio. De Luca in una conferenza stampa s’è difeso sostenendo di essere stato ricattato e non aver ceduto, ma intanto rimane indagato. Problema: a due settimane dalla defenestrazione del sindaco Marino, può il Pd far finta di niente, di fronte a una vicenda sconcertante come quella accaduta a Napoli? E può accontentarsi di far fuori Nello Mastursi, il vicesegretario regionale che materialmente trattava con il marito della magistrata, dimessosi ieri anche dalle cariche di partito?
La questione, nuda e cruda, è questa, e a porla è stato l’ex-assessore della giunta Marino Stefano Esposito. Dal quartier generale del Nazareno, però, non è arrivata alcuna replica e questo ha rafforzato la sensazione che Renzi per il momento non intenda aprire un secondo fronte, visto che è ancora alle prese con i problemi della Capitale. Eppure l’immagine negativa del Pd locale rischia di riflettersi su tutta la tornata elettorale, che si presenta anche più difficile delle regionali di maggio. Dopo la Liguria in cui la rottura con la minoranza e il raddoppio delle candidature a sinistra portarono a conquistare la regione il centrodestra con Toti; dopo l’Emilia in cui la vittoria di Bonaccini fu segnata dalle lotte intestine che l’avevano preceduta e da un’affluenza ai seggi bassissima, e ancora dopo il sanguinoso sfratto imposto a Marino, il partito del premier, che è anche leader del Pd, non è mai stato così diviso. Logicamente Renzi pensa che por mano a un’opera di drastica pulizia interna, alla vigilia di una campagna elettorale, sia impossibile. Ma il moltiplicarsi dei casi che si aprono nella periferia del Pd potrebbe convincerlo che non si può aspettare all’infinito. Esclusa Torino, dove Fassino si ricandida e ha buone probabilità di restare sindaco, nelle altre città la situazione è aperta. A Milano l’ipotesi di candidare il capo di Expo Sala, voluta e praticamente annunciata da Renzi, trova ostacoli da parte della sinistra, interna e esterna. A Bologna il sindaco uscente non scalda i cuori; a Roma la celebrazione del processo per Mafia capitale rischia di far da colonna sonora a qualsiasi tentativo del Pd di ricostruirsi una credibilità, mentre i 5 Stelle crescono nei sondaggi.