venerdì 20 novembre 2015

l manifesto 20.11.15
Spagna, un paese che ha rimosso il suo passato
A quaranta anni dalla sua morte, la figura di Francisco Franco è ancora ricordata solennemente
Ma le amministrazioni del cambiamento Madrid e Barcellona vogliono applicare la "legge sulla memoria storica"
di Luca Tancredi Barone


Quarant’anni fa esatti gli spagnoli ascoltarono in televisione le storiche parole «Spagnoli, Franco è morto». Le pronunciava con voce rotta l’allora presidente del governo Carlos Arias Navarro. Due giorni dopo divenne capo di Stato l’erede del dittatore: Juan Carlos di Borbone. Arias, conosciuto anche come il macellaio di Malaga per la sanguinosa repressione che portò a termine dopo la guerra civile, rimase a capo del governo fino al luglio del 1976, quando il giovane re decise di affidare ad Adolfo Suárez l’incarico di traghettare la Spagna verso la democrazia. La transizione culminò nel 1978 con l’approvazione di quella Costituzione che oggi molti – da Podemos a Izquierda Unida fino ai catalani – vorrebbero se non buttare via certamente riformare in profondità.
La Spagna di oggi, guidata da un altro Borbone, non ha ancora fatto i conti con il suo passato. I familiari delle vittime del franchismo non hanno mai avuto giustizia, la maggior parte di loro giacciono in fosse comuni senza essere stati identificati. La legge di amnistia del 1977 e la prescrizione hanno impedito di incriminare chicchessia. L’unico giudice, Baltasar Garzón, che aveva cercato di costringere l’opinione pubblica e il governo a riaprire una questione che era tabù indagando sulle torture, sparizioni ed esecuzioni sommarie durante la guerra civile e la dittatura, è stato cacciato dalla magistratura. Molte città, nonostante la «legge sulla memoria storica» approvata nell’ultima legislatura socialista, conservano monumenti e nomi di strade dedicate al franchismo. La Fondazione Francisco Franco, legale, nata nel 1976, nel 2003 ricevette una sovvenzione dallo stato di 150mila euro, mentre ancora oggi non ci sono fondi statali per aiutare le famiglie a recuperare i cadaveri dei loro cari morti per mano della dittatura. Tra l’altro la Fondazione, depositaria di tutto l’archivio del Generalísimo (30mila documenti), non vede di buon occhio l’accesso agli storici «non allineati».
Ma il clima, complice forse anche il lento tramonto dei protagonisti dell’epoca, sta lentamente cambiando. Per la prima volta quest’anno nella città di Figueres, in Catalogna non celebrerà la messa in memoriam prevista oggi per le proteste scatenate dalla Cup e da Esquerra Republicana. Ma in altre 15 città spagnole invece da mercoledì a oggi le messe in ricordo del dittatore si sono celebrate, come ricorda lo stesso sito della fondazione. E il 3 dicembre, compleanno di Franco, una colazione commemorativa a Madrid. Ma in altre città i nuovi governi municipali e autonomici cominciano a muoversi per applicare la «legge sulla memoria storica»: Valencia, A Coruña, Cadiz e soprattutto le città-simbolo: Madrid e Barcellona, tutte città in mano a sindaci «del cambiamento».
A Barcellona spetta la palma dell’atto più simbolico. Proprio questa settimana ha deciso di costituirsi parte civile in due processi. Il primo, quello aperto sulla base della denuncia nel 2013 dell’associazione Altraitalia, formata da un gruppo di italiani antifascisti residenti a Barcellona, contro 21 piloti dell’Aviazione Legionaria che parteciparono ai bombardamenti sulle principali città catalane fra il 3 febbraio 1937 e il 29 gennaio 1939. È il primo caso in cui il franchismo è trascinato in tribunale in Spagna. Il secondo è quello portato avanti da una giudice argentina per genocidio per i crimini commessi durante il franchismo. Il comune ha anche chiesto formalmente all’Italia di chiedere scusa per i bombardamenti fascisti.