venerdì 20 novembre 2015

Il Sole 20.11.15
L’Europa e il dilemma della faccia feroce
di Adriana Cerretelli


Chi non ricorda i feroci attacchi dei benpensanti europei a George W. Bush, il presidente liberticida autore del Patriot Act che, all’indomani degli attentati dell’11 settembre, ha posto limiti alle libertà personali in nome del superiore imperativo di tutela della sicurezza nazionale?
E chi, tra di loro, non ha glorificato Edward Snowden il “vendicatore” dei diritti civili calpestati, l’uomo che due anni fa ha smascherato i segreti della sorveglianza della Nsa, l’Agenzia Usa per la sicurezza nazionale?
Oggi, a torto o a ragione, c’è chi ritiene che quelle rivelazioni hanno fatto il gioco dell’Isis. Almeno in tre modi: rendendo noto l’uso delle tecnologie telecom per individuare i sovversivi del Profeta, scatenando in Occidente la rivolta dei cittadini inconsapevoli contro le violazioni del diritto alla privacy e, infine, scoraggiando così raccolta dati e scambio di informazioni tra le diverse strutture nazionali di intelligence, ammalatesi di diffidenza reciproca per paura di ritrovarsi a loro volta “denudate”.
Sia come sia, dopo l’ennesima carneficina, questa volta a Parigi, torna di attualità il vecchio dilemma: tra libertà e sicurezza chi deve prevalere? La risposta in teoria sarebbe molto semplice: la libertà individuale finisce quando diventa licenza o mette in pericolo la sicurezza collettiva. Nei fatti, nell’era del grande fratello, i confini si fanno più labili e confusi, come dicono il caso Snowden, il sacro totem della libertà della rete, i dubbi sul futuro dei sistemi di criptazione.
La minaccia terroristica che aleggia su tutta l’Ue comincia intanto a scuotere molte coscienze, radicate convinzioni e resistenze. Tanto che l’Europa sembra lentamente incamminarsi sulla stessa strada che tanto ha esecrato quando a imboccarla fu l’America di George W. Bush dopo gli oltre 3.000 morti delle Torri Gemelle.
Ironia vuole che sia la Francia socialista, la stessa che ai tempi di Mitterrand offriva asilo sicuro ai terroristi italiani, a farsi portatrice della linea più dura: controlli a tappeto alle frontiere esterne, cittadini Ue compresi. La Svezia socialdemocratica di Stefan Lofven propone l’adozione, come negli Usa, del passaporto biometrico per entrare nello spazio Schengen. Mentre l’Olanda del democristiano Mark Rutte, nella speranza di dormire sonni più tranquilli, auspica la ritirata su una mini-Schengen.
Evidentemente non si arrende nemmeno davanti a una guerra difficile, subdola e che riguarda tutti, il tarlo delle divisioni europee. Il nemico terrorista si muove dentro e fuori dalle frontiere e sfrutta anche l’emergenza rifugiati per farsi largo. Sono 10mila i foreign fighters nell’Ue, 5mila con training in Siria, avverte Europol, e sono tutti cittadini europei.
Resta da vedere quali decisioni concrete produrrà oggi l’ennesima riunione straordinaria dei ministri Ue di Interni e Giustizia. Controlli immediati, sistematici e coordinati alle frontiere esterne, più cooperazione tra intelligence e scambi di dati, regole più severe sugli acquisti di armi, tracciabilità obbligatoria dei pagamenti online: ma quante di queste misure saranno davvero adottate e non, come al solito, solo annunciate? L’Europa non ama fare la faccia feroce e condanna quella degli altri. Questo lusso però ormai potrebbe costarle troppo caro: l’appeasement davanti al terrore equivale alla resa incondizionata.