martedì 24 novembre 2015

il manifesto 24.15.11
Il ritorno del mostro Marino. E il circolo Pd si schiera con lui
Roma. Un incontro pubblico con l'ex sindaco in una sezione di periferia manda all'aria il diktat renziano. Il commissario Orfini aveva tentato di annullare l'iniziativa ma il marziano viene accolto come una star
di Eleonora Martini


ROMA Rimette piede per la prima volta da ex in una sezione dell’unico partito di cui si sente «nativo» e lo fa in periferia, a San Basilio, borgata di tradizione operaia per eccellenza dell’estremo est della Capitale. E dire che il parterre composto di militanti e iscritti si divide in due, sarebbe fare un regalo alla componente renziana.
«Grande sindaco», «noi Marino lo votiamo come premier»: viene accolto così, Ignazio Marino, quando arriva nella piccola sala del circolo di San Basilio stipata all’inversosimile da almeno duecento persone che non riescono ad entrare tutte e affollano il piazzale antistante incuranti della pioggia e del freddo autunnale calati infine anche su Roma.
Tre quarti dei presenti gli si stringe attorno in un caloroso benvenuto iniziale, lo applaude ad ogni passaggio e interrompe continuamente il giovane segretario del circolo Matteo Sculco, reo ai loro occhi di essersi messo dalla parte sbagliata e costretto più volte a minacciare di sospendere il dibattito. Benvenuti nel nuovo Pd.
Per capire bisogna fare un passo indietro. Decaduto da sindaco, messo all’angolo, rimasto solo anche se ufficialmente ancora non fuori dal partito di cui rivendica la totale e «unica» appartenenza, l’ex “marziano” continua però ancora a far paura nelle stanze del Nazareno. Perfino l’ incontro di ieri sera, organizzato per parlare de «Il futuro del Pd, il futuro di Roma: la fine dell’esperienza in Campidoglio e le prospettive future», si è trasformato in un piccolo psicodramma — più che un caso politico — interno al partito di Renzi. Il quale su Marino aveva imposto il silenzio sperando di ottenerne in breve tempo l’oblio.
Così, non appena divulgata la notizia dell’iniziativa voluta dagli iscritti del circolo di via Corinaldo e inserita in un calendario di tre dibattiti (il 2 dicembre sarà la volta di Fabrizio Barca e l’11 dicembre quella di Roberto Morassut) volti a «promuovere il più ampio confronto possibile» sulla vicenda che ha segnato la fine del governo di centrosinistra della capitale, il presidente/commissario Matteo Orfini è andato su tutte le furie, minacciando fuoco e fiamme e chiedendo che la serata venisse annullata (così riferiscono voci di corridoio rigorosamente sotto anonimato).
Matteo Sculco, il segretario del circolo che nel rapporto di Barca è considerato tra i più «virtuosi», «ponte tra Stato e società», con i suoi 115 iscritti veri del 2014, anche se il tesseramento triennale iniziato a settembre registra un calo notevole fermandosi al momento a 40 tesserati, deve essersi spaventato molto. Tanto da aver subito diramato un comunicato per rettificare che la discussione «non intende rilanciare la figura di Ignazio Marino ma semmai celebrare i funerali della sua fallimentare esperienza amministrativa» e ringraziare «il Commissario Orfini e il Gruppo Capitolino uscente del Pd per il coraggio e la determinazione dimostrati nel chiudere un’esperienza negativa».
«Sia chiaro che noi abbiamo sempre appoggiato le scelte del commissario, non abbiamo alcuna intenzione di porci in contrasto con Orfini o con la sub-commissaria del IV Municipio», scrive Sculco. E lo ripete fischiato dai militanti come ogni volta che eccede negli omaggi al presidente del Pd.
Il segretario del circolo dà comunque «atto all’ex sindaco di essersi impegnato per questo territorio», e di essere stato «presente almeno in campagna elettorale», ma «le promesse sono state disattese», afferma. E insiste su un punto: «La comunità del Pd, da Orfini fino ai circoli e ai segretari, hanno bisogno di unità e di stringersi in solidarietà ma questo tipo di discussioni gettano le basi per la buona politica perché non bisogna avere paura di confrontarsi con nessuno. La mancata analisi della sconfitta elettorale del 2008 – arriva ad osare Sculco — ha portato il Pd ad intrecciare a volte perfino un rapporto quasi consociativo con l’allora sindaco Alemanno».
Marino ribatte punto per punto alle critiche avanzate dal suo giovane compagno di partito, ricostruisce i passaggi del suo governo e tutti gli ostacoli che gli si sono parati dinanzi, soprattutto quelli posti da un partito che «per la prima volta dal 1944 aveva vinto in tutti i municipi». «Quale occasione migliore per lavorare su Roma che quella in cui il Pd governa tutto, dal livello nazionale a quello locale?», chiede Marino. «Eppure – continua — abbiamo assistito solo ad una spospensione della democrazia. Anche la stagione dei commissari e dei subcommissari non è che questo, come di sospensione di democrazia si tratta quando si ricomincia ad evocare la necessità di rinviare le elezioni di primavera».
E mentre il partito di Renzi discute anche di cambiare le regole delle primarie per fermare i candidati scomodi, Marino avverte: «I suicidi avvengono nelle stanze chiuse: della mia sorte si è deciso in una stanza chiusa, così come nel 2008 si scelse la candidatura di Rutelli. Ma io d’ora in poi adrò ovunque sia necessario, per salvare il Pd dal suo suicidio».