Il Fatto 30.11.15
Emergenza o democrazia
di Furio Colombo
SEMPRE PIÙ VOCI ripetono la parola emergenza senza badare al problema che si crea con la parola democrazia. Infatti una specie di fremito percorre una parte dell'opinione pubblica e dei suoi opinionisti e commentatori. Impossibile non notare che questo fremito scuote gruppi che un tempo avremmo definito ”la destra”. Preciso che non sto parlando (non solo) dell'Italia. La parte estremista dei repubblicani americani, che invoca un Dio cristiano imprecisato ma terribile come origine vera del comando, crede fermamente nel rifiuto degli stranieri, nei doveri familiari delle donne, (procreazione obbligatoria) nel maschio combattente e nell'intervento subito, che sarà la guerra finale, ovvero Armaghedon. Rivolge al popolo la stessa chiamata alle armi degli italiani ancora contagiati da tutte le scorie di destra che il nostro non glorioso passato ha lasciato e che costituiscono ancora una nodo abbastanza compatto di slancio combattentistico. Anche nell'Europa che si tiene prudentemente a distanza dalla guerra serpeggia però il fremito dell'emergenza, che vuol dire chiudere, bloccare, fermare, arrestare, impedire, negare. Naturalmente la prima cosa che si nega sono i diritti. E appare strano che nessuno, tra i partiti e i personaggi liberal, in Italia e in Europa, abbia sentito il richiamo intelligente dei Radicali italiani, i soli che, come partito e come voce di opinione pubblica, si sono riuniti il 24 novembre (conferenza stampa di Pannella e dei leader di quel partito nella loro sede) per ricordare alla strana smemoratezza collettiva che "emergenza" non è difesa della democrazia, è il danno più grave che alla democrazia si possa recare. Possibile che siano i soli ad avere una strategia contro il califfato, che nel regime di emergenza trionfa?