Corriere 29.11.15
La sfida di un Paese
L’orgoglio di difendere una doppia identità
L o scrittore tunisino Abdelaziz Belkhodia ha scritto una serie di romanzi per celebrare il primato di Cartagine nell’antichità e per ricordare ai connazionali da quale parte del mondo provengano. L’ultimo, Le retour de l’éléphant (Apollonia Editions), è stato scritto nel 2003, otto anni prima della Rivoluzione dei gelsomini. Anche negli anni più oscuri della dittatura padronale di Ben Ali, la cultura tunisina si considerava parte della koinè mediterranea. La testimonianza più solida e inoppugnabile è custodita proprio nel museo del Bardo, a Tunisi. I mosaici romani, tra i più belli del pianeta, sono custoditi nel palazzo in cui ha governato, più o meno formalmente fino al 1957, il Bey, cioè il luogotenente degli Ottomani. L’articolo 1 della nuova Costituzione tunisina proclama la nascita di uno Stato democratico, «la cui religione è l’Islam». In questa semplice frase si condensa la sfida più coraggiosa e affascinante nata dalla stagione delle Primavere arabe. La Tunisia guarda a Occidente, pur confermando la cultura e la tradizione musulmana. Un equilibrio forse complicato, un modello ancora pieno di incognite, ma decisamente vitale, nonostante i rovesci e le guerre nei Paesi vicini, dall’Egitto alla Siria. Non a caso proprio il Bardo è stato scelto come obiettivo strategico dai fondamentalisti islamici il 18 marzo scorso. I kalashnikov dei terroristi hanno ucciso 20 turisti provenienti da mezzo mondo, pronti a immergersi nella bellezza assoluta dei grandi mosaici: Perseo e Andromeda; Ulisse legato all’albero della nave per resistere alle sirene; Nettuno e le quattro stagioni. I tunisini hanno risposto con una grande manifestazione di piazza, stringendosi intorno al loro museo, il simbolo nello stesso tempo più antico e più moderno di un’identità originale. Il ponte Aquileia-Bardo è culturalmente interessante, politicamente necessario.