giovedì 26 novembre 2015

Corriere 26.11.15
Uno Stato sunnita per battere l’Isis
L’idea di dar vita a un «Sunnistan» sulle ceneri di Siria e Iraq garantendo una nazione curda e una enclave alawita
di Massimo Gaggi


NEW YORK Sconfiggere l’Isis ma non per tornare alla divisione precedente dei confini tra Siria e Iraq: meglio costruire un nuovo Stato sunnita nell’area già occupata dallo Stato Islamico e in quelle che il «califfo» sta cercando di conquistare. Curiosamente a proporre la creazione di questo Sunnistan non è un leader movimentista arabo, ma un arci conservatore americano: John Bolton, l’ex ambasciatore Usa all’Onu ed ex viceministro degli Esteri di George W. Bush.
Strana figura di diplomatico pirotecnico che, anziché cercare mediazioni prende posizioni incendiarie, Bolton è un radicale, anomalo anche per un mondo politico repubblicano sempre più influenzato dall’estremismo ideologico. Ma questo personaggio controverso — all’inizio dello scorso decennio un «neocon» considerato uno degli architetti della guerra di Bush contro l’Iraq — è anche un intellettuale raffinato, capace di analisi acute che poi mescola con proposte sconsiderate. Come quella, formulata qualche mese fa, di un attacco preventivo contro gli impianti atomici iraniani: una necessità, secondo Bolton, che non crede agli impegni presi da Teheran.
La proposta della creazione di un Sunnistan è anch’essa appoggiata su una nuvola d’impraticabilità, visto il caos inestricabile che regna nella regione e la probabile fiera opposizione di alcune potenze — sicuramente Russia e Iran, ma nemmeno la Turchia sarebbe felice — a un simile progetto. Eppure l’idea è suggestiva e fa discutere. Se non altro perché mette in luce una delle cause di debolezza dell’Occidente: la mancanza di una visione che vada oltre la distruzione dell’Isis. Cancellare lo Stato Islamico per fare cosa? Per tornare ai confini dell’accordo Sykes-Picot, il patto tra due potenze coloniali, Gran Bretagna e Francia, che nel 1916 portò alla definizione di frontiere irachene tracciate artificialmente da alcuni burocrati? Da anni molti analisti sostengono che la realtà attuale del Medio Oriente richiederebbe ben altro, ma nessuno è stato in grado di mettere in piedi un’iniziativa politica di un qualche spessore. Delle obiezioni ai vecchi accordi coloniali non si è, poi, quasi più parlato da quando ad abolire quei confini ci ha pensato proprio il «califfato» con una dichiarazione politica che mandava il soffitta il patto del 1916.
Tocca adesso a un personaggio come Bolton, un po’ apprendista stregone un po’ dottor Stranamore, riaprire la questione con un ragionamento che, se non porta verso soluzioni praticabili, ha, comunque, una sua lucidità. Una volta distrutto lo Stato Islamico che facciamo? si chiede Bolton. Restituiamo la Siria liberata a Damasco, cioè a un Assad difficile da eliminare, e le terre irachene al regime filo-iraniano di Bagdad? Per Bolton bisogna prendere atto che Siria e Iraq, così come erano state disegnata dopo la dissoluzione dell’impero ottomanno, non esistono più: la nascita dello Stato islamico ha portato ormai di fatto alla nascita di uno Stato curdo indipendente al nord e a una mobilitazione dei sunniti contro il regime dell’alawita Assad a ovest e contro quello sciita di Bagdad a est.
L’ex ambasciatore Usa all’Onu sembra considerare dati ormai consolidati non solo la realtà curda e l’alleanza Teheran-Bagdad, ma anche la permanenza al potere di Assad a Damasco. La soluzione per la quale l’Occidente e anche gli altri Paesi arabi, soprattutto quelli del Golfo, dovrebbero battersi è, quindi, quella del Sunnistan: geograficamente una versione allargata dello Stato Islamico che occuperebbe gran parte dell’attuale territorio della Siria e la parte occidentale dell’Iraq. Il centro-sud di questo Paese, comprese Bagdad e Bassora, diventerebbe uno Stato sciita satellite del regime degli ayatollah, mentre la costa mediterranea della Siria si trasformerebbe in un piccolo Stato alawita governato da Assad o dai suoi successori. A nord il Kurdistan.
Difficile ma non impossibile, secondo Bolton. L’ex ambasciatore, ora tornato all’«American Enterprise Institute», il principale think tank della destra americana, ammette che, oltre alla Russia e all’Iran, anche la Turchia potrebbe avere da ridire. Ma secondo lui alla fine Ankara accetterebbe la nuova realtà statuale per avere un po’ più di stabilità ai suoi confini meridionali.
Ma chi la governerebbe? Il vecchio «esportatore di democrazia» ammette che il Sunnistan non sarebbe esattamente una Svizzera, «né una democrazia jeffersoniana. Ma in questa regione non ci sono alternative a regimi militari e governi autoritari». Verrebbe da dire che Bolton si è pentito di aver promosso, 12 anni fa, il rovesciamento del regime di Saddam, se non fosse che anche di recente l’ex ambasciatore ha detto che sarebbe pronto a ripetere l’invasione dell’Iraq.
Ma poi, nell’articolo-proposta pubblicato dal New York Times , Bolton sostiene che a governare il nuovo Stato dovrebbero essere capi tribù e leader sunniti presentabili, e anche ex capi del partito Baath. Cioè gli uomini di Saddam Hussein. Comunque preferibili gli islamisti radicali, ammette oggi Bolton.