mercoledì 25 novembre 2015

Corriere 25.11.15
Italia ultima per numero di laureati
Il record negativo fra i 34 Paesi Ocse
L’esperto «Da noi mancano i quadri intermedi, quei periti di cui le aziende avrebbero bisogno»
L’allarme di Manfredi, capo dei rettori «Paghiamo un welfare molto carente servono più borse di studio al Sud»
di Orsola Riva


Nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo, l’Italia è ultima (ultima!) per numero di giovani laureati e quartultima per soldi investiti nell’università in rapporto al Pil. Fra i dati contenuti nelle 568 pagine dell’ultima edizione di «Education at a glance», il rapporto Ocse presentato ieri al Miur, sono i numeri relativi all’istruzione superiore quelli che preoccupano di più, perché rischiano di condannare il Paese a un lento ma inarrestabile declino economico.
Poveri di laureati in genere, siamo ricchi di 25-34enni con un titolo equivalente al master (laurea specialistica). Due dati collegati. Se i laureati sono così pochi è anche perché da noi l’equivalente del bachelor (la laurea triennale) è considerato di fatto solo come un gradino intermedio in vista della laurea magistrale. Mentre i percorsi professionalizzanti come gli Its restano percentualmente marginali.
Spiega Francesco Avvisati, senior analyst presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: «Da noi mancano i quadri intermedi, quei periti di cui le aziende tanto avrebbero bisogno, mentre in Francia ad esempio gli Istituti universitari di tecnologia sfornano informatici in due anni». Disattenti agli esiti lavorativi, i nostri atenei si rivelano carenti anche sul fronte delle competenze di base: molti studenti universitari hanno difficoltà a sintetizzare informazioni provenienti da testi lunghi e complessi. «La priorità del sistema — spiega ancora Avvisati — resta quella di formare belle menti, ricercatori, dirigenti, ingegneri. Non c’è l’idea di concentrare gli sforzi per elevare le competenze medie dei ragazzi usciti dalle superiori».
Sarà perché non hanno la giusta preparazione o perché in Italia il tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese appare più restio che altrove ad assorbire i laureati, fatto sta che il vantaggio relativo della laurea ai fini di un impiego si è assottigliato al punto da essersi rovesciato: il tasso di occupazione di chi ha fatto l’università è di un punto percentuale inferiore a chi ha solo il diploma (62% contro il 63%).
Alla base di tutti questi ritardi, sta il dato di fondo della estrema scarsità di risorse investite: appena lo 0,9% del Prodotto interno lordo, la metà del Regno Unito (1,8%) e comunque molto meno della Germania e della Francia (1,2% e 1,4%). «Il rapporto Ocse è la fotografia della realtà — commenta amaro il capo dei rettori Gaetano Manfredi —. Il nostro è un sistema fortemente sotto finanziato, in un momento in cui l’economia della conoscenza invece è sempre più basata sul capitale umano. Il numero ridotto di iscritti all’università è legato a un welfare molto carente. Bisogna sostenere gli studenti, soprattutto al Sud. Sulle borse di studio abbiamo aperto un tavolo tecnico al Miur. La mia impressione è che sia il ministro Giannini che il presidente del Consiglio Renzi siano consapevoli che il futuro si gioca in investimenti nell’alta formazione. Ora però è venuto il momento di passare dalle parole ai fatti e di mettere più soldi» .