lunedì 23 novembre 2015

Corriere 23.11.15
Einstein, la relatività e gli errori che vincono
di Giovanni Caprara


Cento anni fa, il 25 novembre 1915, Albert Einstein presentava all’Accademia delle scienze prussiana la teoria generale della Relatività cambiando la visione dell’Universo e andando oltre le intuizioni di Isaac Newton. La straordinaria rivoluzione della scienza nascondeva però un clamoroso errore, ammesso e corretto dallo stesso genio tedesco. Egli riteneva che l’universo fosse statico mentre i suoi calcoli gli suggerivano un’espansione. Così per fermarlo si inventava la «costante cosmologica» con la quale faceva quadrare i conti secondo la sua idea (sbagliata). Ma poi arrivava l’astrofisico Edwin Hubble con il suo telescopio dalla vetta del monte Wilson in California scoprendo che le galassie fuggivano, non erano immobili. Einstein era scosso davanti alla prova che lo smentiva ma accettava, ed era il primo a giudicare la sua costante un errore.
Anche i grandi possono, ovviamente, sbagliare dimostrando come la scienza talvolta proceda attraverso gli errori per compiere dei passi avanti. L’importante è rendersene conto e accettare una visione diversa. È il metodo vincente della scienza che se fosse applicato più di consueto anche nella nostre azioni e pensieri quotidiani ci aiuterebbe a vivere meglio e ad avere più corretti rapporti sociali.
L’errore di Einstein è famoso perché il suo genio e il suo mito restano intatti dopo un secolo, tuttavia la storia della scienza è ricca di esempi analoghi. Lord Kelvin che conosciamo per aver stabilito e dato il nome alla temperatura più bassa raggiungibile calcolava (sbagliando) che la Terra aveva tra i 20 e 30 milioni di anni (ne ha invece 4,5 miliardi). E più di recente ci si è dovuti ricredere anche sulle caratteristiche della più entusiasmante particella subatomica, il neutrino. Si sosteneva non avesse una massa e così era descritto nell’architettura della natura. Invece si è scoperto che ne è dotato e gli ultimi Nobel per la fisica sono assegnati ai due scienziati che l’hanno misurata.
Ma è appunto dimostrando gli errori che gli scienziati aprono nuove finestre sulla conoscenza.