Corriere 22.11.15
Il ritorno, 5 anni dopo «Io voglio vincere, non so invece i dem...»
L’ex sindaco: il partito è messo male, serve uno scatto
Napoli «Io voglio vincere, per questo mi candido. Ma se devo dirla fino in fondo, be’, non credo affatto che tutti, nel Pd, vogliano vincere davvero». Il quadro di partenza che Antonio Bassolino dipinge subito dopo aver ufficializzato la sua candidatura alle primarie per il Comune, tende decisamente al nero. «Il partito — dice — è messo male, e senza uno scatto difficilmente può arrivare al ballottaggio. La città è divisa, senza un centro di gravità, e de Magistris ha la grave responsabilità di averla isolata da Roma. Il Sud non decolla, e se c’è qualche segno di ripresa per il Paese ora si tratta di distribuire le risorse su tutto il territorio nazionale». È molto probabile che col sottolineare il dato negativo della realtà, Bassolino voglia in effetti caricare di significato la sua candidatura, attribuirle una valenza storica o salvifica, e infatti ci tiene a presentarsi, nonostante i diciassette discutibili ininterrotti anni di governo (dal ‘93 al 2010) come l’unico leader capace di trascinare il centrosinistra alla vittoria, unire Napoli, e difendere le ragioni del Sud. Ed è molto probabile che faccia questo per puro calcolo emozionale, per motivare gli elettori e per dissuadere il partito, tutt’altro che convinto della bontà della sua candidatura, dall’ostacolarlo. Ma è indubbio che davvero le prossime saranno per lui le elezioni più difficili. Lo scrive oggi lo storico Paolo Macry sul Corriere del Mezzogiorno. Ed ha ragione. In effetti, dal 1993, anno del suo esordio istituzionale, Bassolino si è candidato quattro volte: due al Comune e due alla Regione e sempre è stato eletto e confermato; e sempre con la conferma ha raccolto più consensi che nella prima elezione. Ma in passato non ha mai avuto grandi avversari. E in più ha potuto contare su alleati potenti come De Mita, Mastella e Pecoraro Scanio.
Anche oggi, sulla carta, la vittoria finale dovrebbe essere a portata di mano, perché alle ultime elezioni regionali, quelle vinte da De Luca, il centrosinistra, come coalizione, ha raccolto a Napoli il 36,6 per cento dei voti, più del centrodestra (32,3 per cento) e molto più dei grillini (25,2 per cento). E tuttavia così non è. Intanto, perché c’è la condizione generale delle periferie democrat («Siamo un partito più respingente che seducente», confessa il presidente Orfini), poi perché ci sono, a Napoli, il caso De Luca («La sua vicenda ha danneggiato il partito» dice ora, dopo averla subita, la segretaria regionale Assunta Tartaglione) e De Luca in persona (Bassolino candidato? Quando glielo chiesero, settimane fa, rispose così: «Tendo a pronunciarmi quando le cose sono chiare. E quando parlerò sarà un discorso duro e ineludibile, come è la realtà»). Infine, perché c’è de Magistris. Quanto vale oggi, elettoralmente, il sindaco uscente? Nessuno può dirlo. Sta di fatto, però, che de Magistris c’è: non ha più pendenze giudiziarie, ha vinto definitivamente (a differenza di De Luca) il braccio di ferro sulla Severino, e si è inventato il «lungomare» liberato dalle auto, che piace molto ai turisti. L’unico che finora, in termini di visibilità, è riuscito a competere con lui è stato proprio Bassolino. Senza spendere un soldo, senza il partito alle spalle, senza un manifesto al muro, e semplicemente sfogliando la margherita della sua discesa in campo, Bassolino ha fatto parlare di sé per mesi e mesi, rivelandosi un genio della comunicazione politica. Ogni suo post era uno squillo di trombe. Come quello dedicato addirittura a Enrique Penalosa: «È stato negli anni Novanta un ottimo sindaco di Bogotà. Dopo 14 anni si è ricandidato e ha vinto nettamente». Anche la compagna di Bassolino, Annamaria Carloni, non sempre è riuscita a stargli dietro. «Abbiamo già dato», disse quando si cominciò a parlare di un suo ritorno. «Ben fatto», ha dichiarato ieri a candidatura ufficialmente annunciata.