Corriere 16.1.15
Un modello (fallito) di integrazione e la crisi di valori che spinge la destra
di Massimo Nava
L a Francia politica rinnova il patto repubblicano e chiama il Paese all’unità contro il terrorismo. È il senso dell’appello del presidente François Hollande che ieri ha consultato i leader di tutti i partiti, fra i quali i due più probabili avversari nella corsa all’Eliseo del 2017, Nicolas Sarkozy e Marine Le Pen.
Ma l’unità è un impegno tanto nobile quanto destinato subito a infrangersi, pur senza nulla togliere al senso di responsabilità di queste ore, al consenso per le misure eccezionali di sicurezza e alla reazione forte e composta di tutta la società francese.
L’unità di sentimenti è una cosa, l’unità politica è un’altra, come ha subito sottolineato Sarkozy.
È nella logica della democrazia e del gioco politico, fisiologicamente esasperato dal sistema elettorale francese. Nelle prossime settimane si vota per le Regionali, test che dovrebbe dare la misura di quanto i sondaggi già prefigurano: l’ascesa del Fronte Nazionale, sull’onda degli attentati e della questione immigrazione, il declino del presidente Hollande e della gauche , la forza reale di Nicolas Sarkozy rispetto agli altri rivali della destra gaullista. Il 2016 sarà un anno di campagna elettorale permanente, appunto in vista delle Presidenziali.
Ma al di là del gioco politico, sono le questioni più profonde della società francese a creare divisione e ad accentuare le differenze, sia di visione sia di proposta e contromisure.
Questioni che non riguardano soltanto i partiti e i loro leader, ma il modello repubblicano nel suo insieme, con la sua cultura laica, i suoi riferimenti istituzionali, i suoi valori messi a dura prova, per quanto oggi ammantati di solidarietà e orgoglio nazionale. Questioni in cui è utile inquadrare anche l’attacco terroristico. Un attacco al cuore dell’Europa, al nostro stile di vita, alla civiltà, ma soprattutto un attacco alla Francia, cioè al Paese più vulnerabile per la dimensione assunta dalle divisioni sociali, etniche, culturali, religiose.
L’inchiesta sull’organizzazione degli attentati, oltre a possibili falle nei sistemi di sicurezza, ha messo a nudo l’evidenza di una rete di fiancheggiamento, complicità e proselitismo fanatico che ha le sue radici nelle periferie, territorio off limits per i valori repubblicani, refrattario a tutte le politiche di bonifica che si sono susseguite nei decenni.
Nelle periferie si riflettono il fallimento dell’integrazione e della mobilità sociale, le derive razziste, xenofobe, il pregiudizio nei confronti di milioni di musulmani e, per contrasto, il buonismo culturale e la resa a un assistenzialismo costoso e improduttivo. La situazione delle periferie è profondamente connessa alle politiche d’immigrazione, alle riforme strutturali di cui la Francia ha bisogno, al rapporto con l’Europa sui temi della sicurezza delle frontiere, della libera circolazione, dell’accoglienza.
Si tratta di questioni su cui le forze politiche divergono e sulle quali il Fronte nazionale di Marine Le Pen potrebbe raccogliere consensi in una misura tale da sconvolgere il quadro politico francese, con conseguenze abbastanza immaginabili sulla crescita in Europa dei movimenti populisti ed euroscettici.
Mentre s’invoca la necessità di una forte risposta europea al terrorismo e di coraggiose politiche unitarie sull’immigrazione, la Francia ammalata e colpita al cuore rischia di essere l’anello debole, anziché un pilastro fondamentale di soluzioni condivise di cui l’Europa ha un disperato bisogno.