mercoledì 28 ottobre 2015

Repubblica 28.10.15
Obiettivo dei referendari “Un solo voto per il no pure alla legge Boschi”
Il timore dei promotori è che ci siano le elezioni anticipate, in quel caso tutto slitterebbe. L’ipotesi della consultazione unica è possibile solo se si svolge nella primavera 2017
di Goffredo De Marchis


ROMA È già partita la campagna referendaria contro l’Italicum e a Palazzo Chigi si studiano le contromisure. Accanto ai ricorsi, i comitati hanno pronti i quesiti per chiamare alle urne gli italiani sulla legge elettorale. E insieme, secondo l’intenzione dei promotori, anche sulla buonascuola e sul Jobs Act. Un modo per allargare il campo di gioco coinvolgere associazioni e sindacati, avere quindi molte più possibilità di arrivare alla metà di 500 mila adesioni. Un’inziativa che punta a indebolire il governo fuori dalle aule parlamentari e che si salderà alla battaglia per il no al referendum confermativo per la riforma costituzionale. La raccolta di firme si terrà tra aprile e settembre del prossimo anno, diventerà l’occasione per combattere il potere di Renzi consolidando un fronte che va dalla sinistra al Movimento 5stelle. Domani ci sarà una prima presentazione dei quesiti.
Matteo Renzi tiene sotto controllo questi movimenti. E fa varie ipotesi per fermare l’onda referendaria. Da tempo il premier è convinto che la consultazione sulla riforma costituzionale si trasfortmerà in una legittimazione piena della sua stagione e in una sconfitta sonora per gli oppositori. La data più probabile per quel referendum è ottobre 2016. E se i quesiti contro l’-Italicum dovessero marciare l’ideale sarebbe accorpare i due referendum, in modo da avere più possibilità di vittoria. Ma è un’ipotesi realizzabile solo cambiando la legge o varando un decreto ad hoc. Infatti il voto sull’-Italicum avverrà solo nella primavera del 2017,alla fine di una lunga serie di procedure.
L’altra idea è far slittare il referendum confermativo al 2017 in modo da celebrarlo insieme con quelli proposti dal Comitato guidato da Felice Besostri. Una strada che prevede il rinvio dell’approvazione definitiva della legge Boschi e che contrasterebbe con la fretta dimostrata fin qui dal governo, con la sua volontà di chiudere le riforme nel minor tempo possibile. Ma è la terza ipotesi quella che paradossalmente appare la più fattibile, con alcuni precedenti nella prima repubblica: far slittare il referendum al 2018 trasformando il 2017 in un anno elettorale, ovvero portando il Paese alle urne per le politiche nella primavera del 2017 con l’Italicum ormai in vigore e con la riforma costituzionale validata dal referendum confermativo di ottobre 2016. Il progetto è lì, sul tavolo del premier, una possibilità da non scartare a priori.
Insomma, gli oppositori delle riforme renziane, oltre ai passaggi tecnici (la Corte costituzionale e la raccolta di firme) devono guardarsi dalle mosse politiche dell’esecutivo e della maggioranza. Secondo i sostenitori del del segretario Pd, il comitato ha creato un meccanismo di autodistruzione. «L’iniziativa dei ricorsi e del referemdum sbattono una contro l’altra — dice il costituzionalista Stefano Ceccanti —. Non capisco perché alimentino la confusione, finiranno per non farsi comprendere nemmeno dai cittadini». Ma è evidente che la campagna referendaria della prossima estate verrà usata come campagna anche per il no alla riforma costituzionale. E allo stesso tempo s’intreccierà al voto amministrativo nelle grandi città. Per questo una scissione di singoli parlamentari del Pd continuerà nei prossimi mesi, perché sta arrivando il momento delle scelte e diventa impossibile continuare a fare la battaglia nel Pd, almeno a giudicare dalle parole di chi ha già un piede fuori.
Sullo sfondo resta la decisione su alcune modifiche all’Italicum, su iniziativa dello stesso governo. Decisione che non arriverà a breve, ma intorno alla quale cominciano i movimenti delle forze politiche. Alla Camera è già stata depositata una proposta di legge a firma Pino Pisicchio per introdurre la soglia di validazione del ballottaggio. Se non vanno a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto, salta il premio di maggioranza e i seggi vengono assegnati con il proporzionale sulla base dei risultati del primo turno. È una proposta di legge che farebbe venire meno il concetto di stabilità ma che corregge uno degli elementi di possibile intervento della Consulta.