lunedì 26 ottobre 2015

Repubblica 26.10.15
L’ira di Orfini “Ma quale rivolta balletto ridicolo lo sfiduceremo”
Il commissario Pd della città: “Al Campidoglio un pugno di persone. Roma ha 2,5 milioni di abitanti, non è Facebook”
di Tommaso Ciriaco


ROMA «È una storia finita, dai. Ha visto quanta gente c’era in piazza per Ignazio? Massimo rispetto, per carità, ma non mi è sembrata una rivolta popolare... Né mi sembra che Marino sia vissuto dalla città come un martire ». Con Matteo Orfini è inutile insistere, al punto in cui si è arrivati c’è un’unica conclusione possibile: la ghigliottina. La sua ira è fredda, il rapporto con il sindaco gelido. Resta però la domanda: come diavolo farà il Pd ad uscire dalla trappola progettata da Marino? «Spero che non ritiri le dimissioni. Che faccia prevalere l’interesse dei romani al suo. Che non scelga una strada incomprensibile. E sì, che eviti questo tritacarne al suo partito e preferisca l’amore per la città. Altrimenti vorrà dire che lo sfiduceremo». Serve sangue freddo per non peggiorare il pasticcio, adesso: «Di fronte a un atteggiamento ridicolo come questo, amen. Perché è chiaro che senza Pd non si va avanti. Lo capisca, invece di portare avanti un balletto inconcepibile ».
Magari quella piazza sarà stata un mezzo flop, come sostiene Orfini, ma ora conta soprattutto la tenuta del partito. La conta delle fazioni. «Dalla tv era chiaro che in Campidoglio c’erano mille persone al massimo, in una città di due milioni e mezzo di abitanti. Sa, Roma non è Facebook, anche se Ignazio non l’ha capito. E dire che stavano organizzando questa manifestazione da un paio di settimane, con il contributo di alcuni del Pd». Le solite fazioni, appunto: «Ignazio rifletta su chi lo sostiene in questa battaglia. Ci sono alcune correnti che hanno contribuito a distruggere il partito e adesso provano a ricostruirsi una verginità in questo modo».
Il sindaco non intende mollare. Studia da giorni la vendetta perfetta. Nubi in vista: «Può dire quel che gli pare - ragiona il commissario- ma i romani ormai lo conoscono. Secondo un sondaggio, l’ottanta per cento non lo rivoterebbe ». Sarà anche vero, ma con i consiglieri uscenti come la mettiamo? È sempre dura rinunciare alla poltrona: «Faranno quel che serve per voltare pagina. Hanno grande senso di responsabilità e lealtà, avendo condiviso un percorso all’unanimità. Soffrono, naturalmente. Tutti soffriamo. Viviamo una grande delusione. Ma tutti e diciannove, se serve, lo sfiduceranno ». L’ultima trincea del sindaco passa per una nuova versione sugli scontrini della discordia. Ininfluente, per Orfini: «Continua a ripetere questa storia, quindi è meglio chiarire: lui non si è dimesso per gli scontrini, ma per una serie di errori praticamente quotidiani. Io gli ho fatto da scudo umano. Avevamo pure chiamato pezzi da novanta in giunta, ma niente: si era rotto il rapporto con la città». Segue un elenco spietato: «Non c’era quando il governo decideva sullo scioglimento del Comune. Partiva per gli Usa, tornava, ripartiva. Raccontava cose evidentemente fuori dalla realtà. E poi, possibile che in due anni e mezzo, prima che arrivasse Esposito, nessuno si sia accorto che il 95% degli appalti dell’Atac era senza gare? Quando uno come Sabella non è più disponibile a continuare, beh, come puoi pensare di andare avanti? ». A un certo punto di questa imbarazzante vicenda fatta di rimpasti e scontrini circola una voce: le dimissioni in bianco dei consiglieri sono nelle mani del commissario. Vero, falso? «Non stiamo stabilendo nulla perché pensiamo che prevarrà la ragionevolezza e le dimissioni non serviranno ». Il Pd, questo dicono i numeri, neanche basta a far decadere il consiglio: «Siamo 19, forse 20. Ne servono 25. Vedremo».
La sensazione è che il Pd romano non sia sul punto di esplodere: è già esploso. «Non la vedo così. Stiamo meglio di un anno fa. Abbiamo scelto coraggiosamente di non vivacchiare, ma di presentarci agli elettori. E l’idea di un appoggio esterno a Marino è una roba che non esiste». Magari si lavora per un’uscita morbida del sindaco, perché no? «Il tema non è trattare, ma trovare una soluzione per il bene dei romani». È davvero una storia finita.