Repubblica 1.10.15
I destini incrociati di Bruno e Turing
Una tragica fine accomuna due eretici, uniti dal fascino delle immagini simboliche, il filosofo cinquecentesco e il matematico che aprì la via al digitale
di Marc Fumaroli
Pochi studiosi hanno avuto una generazione di allievi così numerosa e brillante come Frances Yates, una delle principali personalità scientifiche inglesi che hanno saputo preservare lo spirito dell’Istituto fondato da Aby Warburg e trasferito giusto in tempo, prima del 1939, da Amburgo a Londra. L’aura leggendaria che emanava dal fondatore e dai suoi discepoli tedeschi, Gertrude Byng, Edgar Wind, Erwin Panofsky, si è estesa a Frances Yates e alla sua opera.
Frances Yates non fu la sola a beneficiare di tale ispirazione. Il suo collega inglese D.P. Walker aprì un nuovo campo di ricerche con il saggio Magia spirituale e magia demoniaca da Ficino a Campanella (1958), in cui metteva in evidenza la rinascita nel XVI secolo, con il neoplatonismo di Giamblico, della fede nei poteri angelici e magici di entità intermedie, di cui le arti, e in modo particolare la musica, potevano farsi veicolo.
È allo spirito Warburg che dobbiamo anche la summa bibliografica, fonte di innumerevoli lavori successivi, dedicata dal grande anglista italiano Mario Praz alle raccolte di emblemi e imprese dei secoli XVI e XVII. La grande tesi di André Chastel, Arte e umanesimo a Firenze ai tempi di Lorenzo il magnifico ,
e la tesi annessa, Marsilio Ficino e l’arte (1954), sono debitrici dei contatti che l’autore aveva allacciato, prima della guerra, con il Warburg Institute di Londra. Questi lavori furono il punto di partenza di una nuova era nella storia dell’arte in Francia.
Dame Frances Yates non viaggiò molto, ma nel suo caso è possibile affermare che ogni suo libro ha aperto un campo internazionale di ricerche, e fondato persino una nuova disciplina. (...) Quello su Giordano Bruno e la tradizione ermetica ( 1964) ha attirato sul Nolano un rinnovato interesse mondiale; tre generazioni di storici delle idee hanno finito poi per restituire a Bruno il posto che Frances Yates reclamava per lui nella storia della filosofia. Vale la pena osservare che ciò che caratterizza lo spirito Warburg — e in questo Frances Yates è perfettamente in linea col suo fondatore — è la serietà con cui, per comprendere e interpretare il mondo, vengono affrontati i testi e le opere d’arte detti “pre-moderni”, le scienze su cui quel mondo si fondava, a dispetto del fatto che siano state poi “smentite” dalla scienza galileiana, secondo la quale il mondo è scritto in linguaggio matematico e non in corrispondenze e metafore. Aby Warburg (che fu anche antropologo sul campo) ha reclamato la stessa attenzione, ricettiva e simpatetica, nei confronti dei sistemi di pensiero simbo-lici, alchemici e magici dell’Europa pre-moderna, che Claude Lévi-Strauss ha richiesto in seguito per il “pensiero selvaggio” e l’ingegnoso “bricolage” dei cosiddetti popoli “primitivi”.
Merita attenzione il fatto che lo straordinario centro di riscoperta del mondo delle immagini simboliche e della dimensione magica della parola che fu il Warburg Institute trasferito, alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel paese di Francis Bacon, della Royal Society e di John Locke, è esattamente contemporaneo di Alan Turing. Fu, questi, il matematico di genio che a Bletchey Park, durante la guerra, decodificò i cifrari dell’esercito e della marina tedeschi e che, fin dal 1937-1939, aveva posto le basi delle procedure algebriche, se non dei tours de force tecnologici, che hanno reso possibile in seguito il mondo dell’informatica e del digitale. Si ha la percezione di due poli rivali dell’intelligenza umana, antitetici, incompatibili, e tuttavia stranamente vicini per il loro ricorso a forme simboliche e alle loro operazioni.
Frances Yates era diventata a tal punto esperta di pensiero magico da suscitare sospetti ed essere rimproverata di eccessiva simpatia per i suoi eroi del Cinquecento, neoplatonici e aristotelici. Cosa che non ha impedito al governo di Sua Maestà di nobilitarla col titolo di Dame Commander nel 1977. Alan Turing, il cui genio matematico estese la scienza di Galileo dal mondo fisico al mondo sociale e alla formalizzazione algoritmica dei problemi di comunicazione e gestione, fu trattato meno bene dallo Stato inglese che pure gli doveva una vittoria decisiva. Condannato alla castrazione chimica per devianze sessuali, si suicidò il 7 giugno 1954, dopo aver morso, a quanto pare, una mela impregnata di cianuro. È questa mela che Steve Jobs ha scelto per emblema della Apple. La malinconica fine di Turing vale, in orrore, il supplizio per eresia capitale di Giordano Bruno, arso sul rogo innalzato in Campo de’ Fiori.
IL LIBRO Il testo di Fumaroli è tratto dalla prefazione a Tre corone per un re di Nuccio Ordine (Bompiani, pagg. 554, euro 17)