giovedì 1 ottobre 2015

Repubblica 1.10.15
Giochi d’astuzia al Senato ma il finale è già scritto
Economia e istituzioni i due tasselli fondamentali che porteranno Renzi alle prossime elezioni amministrative
di Stefano Folli


UN VECCHIO detto recita: “a un furbo, un furbo e mezzo”. E infatti i primi voti a Palazzo Madama sulla riforma del Senato si sono rivelati per quello che sono: un gioco d’astuzia fra chi vuole fare ostruzionismo mascherandolo dietro la necessità di “difendere la democrazia” e chi punta ad abbreviare i tempi sfruttando a sua volta tutti gli spiragli offerti dal regolamento. E così il confronto sul rinnovamento della Costituzione è rapidamente degradato in una “ dro^le de guerre” in cui nulla è come appare perché prevale la propaganda e l’abilità manovriera.
Anche per questo è difficile credere che il presidente del Senato abbia voluto uccidere il dibattito democratico quando ha escluso gli 82 milioni di emendamenti generati dal computer di Calderoli. Era un tentativo, certo fantasioso, di bloccare il Parlamento con una forma di ostruzionismo 2.0. E il gioco di prestigio del senatore Cociancich (Pd) per far sparire i residui emendamenti all’art.1 della legge costituzionale attraverso una riscrittura del medesimo articolo costituisce un altro aspetto del braccio di ferro. Ostruzionisti contro anti-ostruzionisti, ognuno con il suo bagaglio di trovate a effetto. Niente di edificante, da una parte e dall’altra, e soprattutto molta noia. Perché è abbastanza scontato che si arriverà all’approvazione della legge entro il 13 ottobre. I colpi di scena sono sempre possibili, ma solo se dovesse saltare l’accordo sottoscritto nel Pd. Al momento invece tutto lascia pensare che tenga, specie sul cruciale art.2. E senza tradimenti. Il che conferma che si tratta proprio di un compromesso, sia pure al ribasso, fra la maggioranza renziana e la minoranza (salvo tre o quattro irriducibili). Non è una resa di quest’ultima, come qualcuno va sostenendo, perché se così fosse non ci sarebbe alcuna garanzia sulle votazioni, specie quelle segrete. E i rischi di una rivolta dovuta a frustrazione sarebbero troppo alti.
Si capisce quindi che il cammino della legge è reso possibile proprio dall’intesa nel Pd, con la conseguenza di rendere impotente la protesta di Lega e Cinque Stelle. La “morte della democrazia” denunciata da questi gruppi era fino a qualche settimana un argomento condiviso in qualche momento anche dalla minoranza del Pd. Ma ora il copione è cambiato e ognuno recita la sua parte, a beneficio degli elettori, benché il primo a sapere che il capitolo finale è già scritto è proprio Calderoli, parlamentare esperto e duttile quando vuole esserlo. Il che non esclude la prospettiva di qualche miglioramento del testo — che ne avrebbe bisogno — , magari riguardo alle funzioni del nuovo Senato. Al netto delle finte drammatizzazioni e dei fuochi artificiali a uso dei media, questo obiettivo dovrebbe essere ancora possibile.
S’intende che le nuove cifre positive sull’occupazione rappresentano il miglior tonico per Renzi. Non perché la missione sia ormai compiuta, come afferma con la solita enfasi il presidente del Consiglio, ma per un’altra e più logica ragione. Per la prima volta il governo può mettere in fila un risultato importante sotto il profilo economico e un risultato altrettanto rilevante sul piano delle istituzioni.
CERTO, il 13 ottobre la riforma del Senato non sarebbe definitiva: occorrerà percorrere ancora un tratto di strada in condominio con la Camera. Tuttavia quel giorno si avrebbe la ragionevole certezza che la trasformazione costituzionale è cosa fatta (circa la qualità della riforma, ogni cittadino si sarà formato la sua opinione e la esprimerà nel referendum finale). Economia e istituzioni: i due tasselli essenziali per la campagna di primavera del premier, quando ci sarà da scalare la montagna delle elezioni amministrative. Il rischio di perdere qualche sindaco nelle grandi città, da Milano a Napoli, è tutt’altro che scongiurato. Ma Renzi userà senza risparmio quelle due frecce nella sua faretra. Nella speranza che da qui alla primavera nessun altro “cigno nero” si affacci all’orizzonte; e che, anzi, le cifre dell’economia, sapientemente distillate settimana dopo settimana, operino il miracolo nell’opinione pubblica.