giovedì 1 ottobre 2015

Corriere 1.10.15
I problemi veri affrontati altrove e il dibattito modesto di casa nostra
L’opinione pubblica sembra assente
di Corrado Stajano


Ha colpito il cuore del mondo quel che il Papa ha detto negli Stati Uniti. Ha commosso il sentirlo parlare con semplicità e con coraggiosa fermezza degli essenziali problemi della vita, la povertà, la fame, la necessità di un tetto e di un lavoro per tutti, il diritto alla scuola, la dignità, il futuro da assicurare ai figli, il dovere di accogliere i migranti — a Washington e a New York si è presentato come figlio di migranti — contro «l’irresponsabile malgoverno dell’economia mondiale guidato solo dal guadagno e dal potere», contro la guerra e la violenza, nel nome dell’ambiente minacciato, per il dialogo e per la pace.
I grandi problemi dell’umanità, considerati troppo spesso dall’opinione corrente solo un residuo arcaico, non sembrano di moda. La discussione politica, qui da noi, più che negli altri paesi dell’Europa occidentale, si è culturalmente impoverita, un mediocre tinello casalingo, ridotta a battute, tweet sgrammaticati, polemichette di partito, specchio di quell’agire che si era detto di voler «rottamare».
L’aggettivo «condiviso» che ha tenuto banco per anni sembra oggi poco condiviso. La riforma del Senato è diventata questione di vita o di morte. Ha la funzione, non espressa, si intuisce, di dare semplicemente più potere all’esecutivo, ma anche chi ha una laurea, un dottorato, un master di Diritto costituzionale e magari si è seduto su quegli scranni rossi di Palazzo Madama, capisce davvero poco del pasticcio imbandito. A che cosa servirà l’antica Camera alta trasformata in una specie di camera delle corporazioni regionali? Come funzioneranno le Regioni senza consiglieri e i Comuni privati dei sindaci?
Il nemico di turno è ora il presidente del Senato Pietro Grasso, magistrato di grande valore che riuscì, tra l’altro, nel 1986, a portare a buon fine il maxiprocesso a Cosa nostra, il più importante e pericoloso nella storia dei poteri criminali, e sa come si legge e si interpreta un regolamento, una legge, una disciplina. Si teme — il famoso articolo 2 — che decida di far discutere gli emendamenti presentati dai senatori: guai quando ha detto «Non sarò io il boia della Costituzione».(Il 73 per cento degli italiani, secondo un sondaggio di Nando Pagnoncelli, vuole che il Senato sia elettivo, anche se concorda con la necessità di superare il bicameralismo paritario di oggi).
Il presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky, uomo di grande autorità, autore di libri di peso, non soltanto giuridici, ha rivolto un appello ai legislatori: «La prima vittima dell’illusione trionfalistica è il Parlamento. Se pensiamo che si tratti soltanto di garantire l’azione di chi “ha vinto le elezioni”, il Parlamento deve essere il supporto ubbidiente di costui o di costoro: deve essere un organo esecutore della volontà di governo».
Parole che fanno venire in mente quel che disse Piero Calamandrei — chi era costui? — nel discorso fatto alla Costituente il 4 marzo 1947: «Credete voi che vi intendete di politica, che sia proprio una buona politica quella consistente, quando si discute una Costituzione, nel presupporre sempre che in avvenire il proprio partito avrà una maggioranza?» (...) «Il carattere essenziale della democrazia consiste non solo nel permettere che prevalga e si trasformi in legge la volontà della maggioranza, ma anche nel difendere i diritti delle minoranze, cioè dell’opposizione che si prepara a diventare legalmente la maggioranza di domani».
L’opinione pubblica sembra assente, passiva. L’assetto della società è profondamente mutato in questi decenni. I cittadini hanno un’ infinità di problemi da risolvere, la crisi non è finita, anche se l’ottimismo di maniera è d’obbligo. Il linguaggio, poi, rispecchia il livello non esaltante di una certa classe dirigente. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, risolve così i problemi di maggioranza e minoranza all’interno del suo partito: andate in pizzeria e mettetevi d’accordo. E il presidente del Consiglio, eternamente trionfalista:«Se penso a tutti quelli che hanno remato contro». Dimentico, o forse no, che anche il «remare contro» è un’eredità del Berlusconi 1994. A ciascuno il suo.
E pensare che ci sarebbero tante urgenti cose da fare. Perché non si affronta con onesta professionalità il problema enorme dell’evasione fiscale? Dopo l’estate torrida e balzana che abbiamo avuto non si teme quel che può accadere in autunno? Non si capisce, con un po’ di senso di responsabilità, che è necessario intervenire subito su un territorio dissestato dalla speculazione edilizia, capace di provocare lutti e tragedie? E ancora. Si è già dimenticato il rapporto Svimez sulle miserevoli condizioni del Mezzogiorno. Non si era propagandato, alla fine dell’estate, che erano già pronti tavoli, progetti, uomini di grande competenza per occuparsene? (Il presidente del Consiglio ha detto che è «macchiettistico» l’affermare che tre regioni meridionali sono in mano alla mafia. Perché non si informa?)
Non bisognerà poi lamentarsi se il popolo sarà sempre più lontano dalla politica e se l’astensionismo seguiterà a crescere.