mercoledì 14 ottobre 2015

Repubblica 14.10.15
Unioni civili
Perché fa paura l’eguaglianza
di Concita De Gregorio


IL SECONDO grande problema della legge sulle unioni civili che fa oggi il suo tormentato ingresso al Senato è che la maggioranza degli italiani pensa che sia un problema dei gay. Fatti loro, roba loro, a me che me ne viene. Un po’ come la violenza sulle donne (un problema delle donne) l’educazione e i diritti dei bambini (un problema di chi ha figli) la tutela e la reale parità di chi non sia, in generale, maschio bianco cattolico e sano.
MEGLIO se deciso a sposarsi o per lo meno a frequentare una ragazza con l’intenzione di. Un lascito dell’epoca del tornaconto personale, quella in cui io viene sempre prima di noi, estesa alle categorie: parlate di me? No? Allora spengo. Il secondo grande problema, il primo essendo come sempre e in ogni cosa la posizione geografica della Città del Vaticano al centro delle viscere della penisola, uno Stato piantato fra il cuore e la milza di un altro. Posizione, per farla semplice, da cui consegue la millenaria pretesa di governare i movimenti dell’altro corpo come fa un ventriloquo col suo pupazzo. Ci sono i più realisti del re e dappertutto i più papisti del Papa, basta tendere l’orecchio anche adesso: sono in posizione di comando, al governo.
Ma di questo si sa tutto o quasi tutto, vivendo in Italia. Più interessante è il relativo disinteresse di uomini e donne eterosessuali adulti, cioè la stragrande maggioranza della popolazione anche al netto delle pudicizie e delle menzogne circa se medesimi. È come se non si fosse ancora messo a fuoco il cuore del problema: garantire che siamo tutti uguali non è un problema di chi ancora non lo è. È un problema, molto serio, di tutti. Pretendere che non ci siano discriminazioni sulla base delle libere scelte personali viene prima delle opinioni politiche: è il fondamento della convivenza democratica. Ma le parole, si sa, a forza di usarle si consumano: convivenza democratica, per esempio, che vuol dire? Vuol dire, si potrebbe spiegare a un bambino se solo questa fosse materia d’insegnamento, che nessuno deve sentirsi sbagliato o storto né deve essere trattato diversamente solo perché è nato al Sud, ha i capelli rossi, è mancino, vede poco o non può parlare, ama una ragazza se è ragazza.Anche se la roulette del destino gli ha assegnato questo ha gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri: è uguale, per quanto diverso come tutti siamo diversi. Può persino diventare presidente della Repubblica. Astronauta, o imbianchino. È una cosa semplice, è giusta ed è bella. I bambini, prima che gli si insegnino altre cose, lo sanno. Sono stati i bianchi, in America, a sconfiggere l’ apartheid : i bianchi insieme ai neri. Sono stati i bianchi, moltissimi di loro, ad eleggere Obama. È questo il punto: mancano gli italiani, tutti gli altri italiani, a sostenere che questa volta, per favore, finalmente, la legge sulle unioni civili si faccia. Come in Croazia, come a Malta, come dappertutto. Perché siamo tutti uguali, in partenza. Tutti. Uguali.
Ora vediamo cosa sta succedendo. La legge oggi si incardina al Senato, tra le proteste dei cattolici oltranzisti. Si incardina vuol dire che mette un piede nella porta. Una volta che sta lì sta lì, non può più morire. Poi dovranno decidere ( la conferenza dei capigruppo) quando discuterla e poi votarla. Sarà a gennaio, si suppone: dopo la legge di Stabilità che è più importante, certo, e un po’ troppo a ridosso del Giubileo, anche questo è un problema. Ma morire non muore. Se si incardina vuol dire che si fa. Per questo alcuni non vogliono, da destra e al centro. Da sinistra altri dicono: è una legge light, leggera. Non chiama le unioni matrimoni, anzi le chiama “formazioni sociali specifiche”. Ma tutte le coppie sono specifiche: non ce ne sono due uguali, garantito. Guardatevi intorno. Poi: non consente l’adozione di bambini esterni alla coppia né l’utero in affitto. Vero. Non consente un sacco di cose ma intanto permette alle persone dello stesso sesso che vivono in coppia di assistersi all’ospedale se sono malate, di adottare il figlio dell’altro. Su questo Alfano ha già detto no, e questa sarà la trincea. Sulla pelle dei bambini, che quando ci sono ci sono e loro cosa c’entrano. Ma pazienza: i cattolici non vogliono che un bambino abbia due padri, due madri. Anche papa Francesco, così aperto al mondo, si è moltissimo irritato quando il sindaco Marino l’anno scorso ha trascritto in Campidoglio sedici matrimoni omosessuali celebrati all’estero — hanno raccontato i vaticanisti. Quindi no, le adozioni no.
Tuttavia. La Corte Costituzionale ha imposto con sentenza che le unioni omosessuali siano tutelate come le altre formazioni sociali (articolo 2 della Costituzione, da cui la formula “formazioni sociali specifiche”) e che siano “omologate al trattamento delle coppie coniugate”. Tutti uguali, ha detto la Corte. Non ha precisato se uguali debbano essere solo gli adulti o anche i bambini, è vero. Forse si può fare uno sforzo per estendere anche a chi nasce in una casa piuttosto che in un’altra il diritto ad essere un bambino con due genitori. Su questo Alfano e i suoi hanno fissato la loro trincea. Ciascuno ha i suoi obiettivi, nella vita. Molto importante sarebbe che tutti — maschi bianchi cattolici sani, donne eterosessuali, con o senza figli — dedicassero dieci minuti del loro tempo a pensare che se vivessimo in un paese dove si guarda ai talenti, alle capacità, alle possibilità di ciascuno di fare e non alla sua pelle al suo sesso alla famiglia da cui viene, non a chi trova a casa la sera quando torna, ecco: sarebbe meglio per tutti. Un reale miglioramento per tutti, non solo per “loro”, chiunque siano “loro”. Rosa Parks, la prima donna nera che si è seduta su un autobus per bianchi, ha aperto la strada alla possibilità di salire sull’autobus: per tutti. Poi, certo: salire sull’autobus non basta. Bisogna poter salire ma anche scegliere a che fermata scendere. Bisogna poter decidere liberamente dove andare.