lunedì 12 ottobre 2015

Repubblica 12.10.15
Diario turco
Battaglia di Stato contro la libertà
di Burhan Sonmez


Burhan Sönmez è un autore turco. In Italia ha pubblicato “Gli innocenti” presso l’editore Del Vecchio. Il romanzo è ambientato sullo sfondo di una rivolta contro il partito islamico al potere

L’altro giorno qui in Turchia abbiamo saputo di un incredibile evento che c’è stato a Rize, nel nord del Paese, la città di origine del presidente Recep Tayyip Erdogan. C’è stato un meeting, organizzato da uno dei mafiosi più influenti e noti della Turchia, tale Sedat Peker, da poco uscito di galera. Bene, qualche tempo fa, una fotografia ritraeva Peker seduto davanti a Erdogan, in un incontro che sarebbe dovuto restare segreto. Ed è invece finito su tutti i giornali. Peker era stato rilasciato dal carcere proprio su diretto intervento del Capo dello Stato. Sapete che cosa ha detto tre giorni fa quel mafioso a Rize: «Appoggerò il presidente. Tra un po’ di tempo il sangue potrà spillare dalla Turchia». Oggi, quelle parole, ci fanno rabbrividire. Oggi ci fanno pensare. Da chi siamo governati? Chi ha permesso tutto questo?
Questa è la situazione in cui ci troviamo in questo Paese adesso. Ricordo molto bene quanto è accaduto a Gezi Park e a piazza Taksim nel 2013. Io c’ero, e con me tanti amici, uomini, donne, ragazzi, gente che manifestava liberamente per strada. Tempo tre giorni, di quella rivolta spontanea, non organizzata, libera, sgorgata quando Erdogan era all’estero in un giro in alcune capitali straniere, e al suo ritorno sono arrivati i blindati a far sgomberare quella rivolta pacifica. Siamo finiti sulle barricate. Nessuna più libertà di assembramento. Nessuna possibilità di parlarsi via social network, che si trattasse di Google o Facebook o Twitter. Via anche gli uomini che leggevano pacificamente, piazzattisi per sfida in piedi davanti ai ritratti di Mustafa Kemal, cioè Ataturk, il fondatore della Turchia laica. Giornalisti licenziati per criticare il Capo dello Stato, adesso persino arrestati. Magistrati e poliziotti trasferiti o defenestrati. Questo succede qui.
E oggi l’uomo da colpire è sempre e solo uno: il leader della formazione curda, il Partito democratico del popolo, Selahattin Demirtas. E’ lui l’uomo da affondare perché per Erdogan rappresenta il vero pericolo alle urne. Il potere questo lo sa. Ecco perché colpiscono i curdi. Sono loro che hanno spostato i voti nel voto del 7 giugno scorso, e loro che potranno essere decisivi nella nuova tornata elettorale del 1 novembre prossimo. Questo è il nodo della battaglia in atto in Turchia.
(testo raccolto da Marco Ansaldo)