domenica 11 ottobre 2015

Repubblica 11.10.15
Nella Capitale Renzi minaccia di decidere motu proprio chi correrà dopo Marino. Il partito vuole evitare di rinunciare ancora a importanti capoluoghi
La corsa Pd senza leader caccia al Papa straniero per le grandi città al voto
Da Roma a Milano i Dem si ritrovano a livello locale senza classe dirigente. I rischi delle elezioni 2016
di Giovanna Casadio


ROMA.
Dopo il disastro Capitale, Renzi minaccia di scegliere “motu proprio” il candidato per cancellare il ricordo del dimissionato Ignazio Marino. A Milano i Dem traballano, perché senza l’appoggio di Giuliano Pisapia — il sindaco uscente a cui il Pd ha inutilmente chiesto di ricandidarsi — il centrosinistra riduce le sue chance di vittoria. Caos perfetto a Napoli, dove il Pd già perse nel 2011 consegnando la città a Luigi De Magistris e ora da spendere ha solo il passato che ritorna, Antonio Bassolino. La forza nei campanili, dunque, appare svanita, perduta, dissolta. Il radicamento sul territorio è nostalgia. Se lo chiede Enrico Rossi, il governatore della Toscana, l’anti Renzi, in un blog in cui rimpiange: «C’era una volta il partito… e la sua rete di sezioni». Anche il vivaio di classe dirigente. Ma soprattutto si dibattono i dem nelle regioni e nelle città perché alle amministrative della prossima primavera manca meno di un anno. E la corsa sembra già ostacoli. Senza leader sul territorio. Con il partito in periferia alla perenne ricerca di un “Papa straniero”.
Prendiamo Bologna, la roccaforte rossa, dove il voto sembrava una tranquilla passeggiata e improvvisamente i Democratici si ritrovano la strada tutta in salita e si rischia il bis ligure delle ultime regionali: perdere per autogol.
MILANO, TRA LA BALZANI E SALA
La sfida più importante per il Pd è non abbandonare alla destra la città dell’Expo, fiore all’occhiello della riscossa italiana. Il sindaco Pisapia ieri ha ripetuto che «le primarie sono fondamentali per Milano». Lo ha fatto in un incontro pubblico. Poi privatamente racconta del faccia a faccia di venerdì con Renzi e di quello con Vendola. Il punto è che i dem non hanno un candidato «di apertura», di respiro ampio che faccia il miracolo di partecipazione delle ultime primarie mettendo la destra all’angolo. I tanti “mondi”, i settori produttivi e professionali, le associazioni, il volontariato, la Milano del bene comune, aspettano un nome da cui farsi rappresentare e il Pd ne è privo. Alle primarie, che sono già state fissate per il 7 di febbraio, di sicuro in lizza ci sono Emanuele Fiano, deputato dem renziano; l’assessore Pierfrancesco Majorino. Renzi ha lanciato il nome del commissario dell’Expo, Giuseppe Sala. «Se ci sono le primarie, ci si confronta lì», chiosa Fiano. Ma l’appoggio dei comitati Pisapia, degli ex civatiani, di Sel da cui il sindaco uscente proviene, ha un’altra idea che ha nome e cognome, ovvero Francesca Balzani. Vice sindaco, è stata parlamentare europea indipendente nel Pd e la seconda donna a cui sia stato affidato nell’Unione europea l’incarico di relatrice del bilancio Ue. Se a Renzi venisse in mente di aggirare le primarie o di “guidarle”, si ritroverebbe senza il sostegno del sindaco Pisapia.
BOLOGNA E LA DIASPORA DEM
Virginio Merola il sindaco uscente sembrava “blindato” da tutto il partito. Dopo malumori e fibrillazioni — che davano persino Pierluigi Bersani, l’ex segretario del Pd, candidabile — ecco l’accordo per una tranquilla campagna elettorale. Ma in pochi giorni la situazione è precipitata. L’assessore defenestrato Alberto Ronchi, nel marasma dello sgombero dell’associazione Lgbt Atlantide, ha ormai confermato il suo progetto politico alternativo per «mandare a casa la classe dirigente del Pd, una disgrazia per la città». Se riesce a vincere le incertezze di Sel, che si preparava ad appoggiare Merola, il bis dell’autogol consumato per le regionali in Liguria, è fatto. Con Ronchi dovrebbero starci la sinistra di Elly Schlein e quella di Zani. Un lavoro di ricucitura tentano gli ulivisti, i prodiani come Sandra Zampa: «Attenti perché invece del partito maggioritario, ci ritroviamo il partito solitario»
NAPOLI, TEMPESTA PERFETTA
Al Nazareno raccontano che De Magistris si sta fregando le mani soddisfatto: in un Pd lacerato tra i due litiganti Antonio Bassolino, l’evergreen sindaco dal 1993 al 2000 (e poi presidente di Regione), e Vincenzo De Luca, l’attuale “governatore”, «Luigino ‘o sindaco non può che avvantaggiarsi». De Magistris si ricandida, Bassolino avrebbe intenzione di sfidarlo e Francesco Nicodemo, leader dei renziani a Napoli, vedrebbe la cosa di buon occhio. D’altra parte, chi altri ha il Pd in Campania? Aveva chiesto all’ex vendoliano Gennaro Migliore, che si è sfilato. Migliore era stato praticamente “incoronato” dal Pd romano per la Regione Campania, poi è finita com’è finita, e chi si fida più. Intanto i 5Stelle crescono.
A ROMA LA RIFFA
Per ora non c’è nessuna certezza: troppo presto, Marino non ha neppure protocollato le sue dimissioni. Anche se nelle ultime ore, dalla segreteria nazionale del Pd è arrivata una smentita sul “no alle primarie” a Roma, la volontà di Renzi è questa. E il ragionamento che tutti i dirigenti renziani rilanciano è: come fidarsi di primarie in una città in cui — al netto di Mafia Capitale — infiltrazioni, ingerenze, micropoteri che hanno spadroneggiato nei municipi sono, quelli sì, radicati? Il premier starebbe pensando davvero a un Papa straniero, uno come il prefetto Franco Gabrielli.
TORINO, O FASSINO O NESSUNO
Scontata la ricandidatura del sindaco uscente ed ex segretario dei Ds. Se Piero Fassino - uno dei pochi democratici doc- d’improvviso si sfilase, il Pd sarebbe in un mare di guai. Ammettono i dem torinesi: «Non sapremmo da che parte cominciare». Il timore è che i 5Stelle presentino una candidatura donna e popolare.
E poi ci sono le sfide di Cagliari, Salerno, Latina. Il vendoliano Massimo Zedda in Sardegna si ripresenta.